Associazioni no profit e certificati penali: attenzione ai nuovi adempimenti e alla privacy

dal 6 aprile i dipendenti delle associazioni no profit che lavorano a contatto con persone minorenni devono produrre un certificato penale del casellario giudiziario; soprattutto per le associazioni del terzo settore tale raccolta di dati può diventare un problema amministrativo, anche tenendo conto della privacy dei propri dipendenti

Negli ultimi giorni si è fatto un gran parlare della disposizione del D.Lgs. 39/2014 che, all’art.2, ha inserito l’obbligo – a decorrere dal 7.4.2014 – di munirsi di certificato penale del casellario giudiziale, per quelle persone che hanno contatto diretto e regolare con minori. Dopo il D.Lgs. il Ministero di Giustizia è intervenuto con una circolare e nella settimana scorsa con due specifiche note per cercare di dirimere tutta l’agitazione che si è creata, soprattutto in ambito di associazioni, sportive e non sportive.

Vediamo alcuni punti fondamentali:

1) l’obbligatorietà del certificato è stato attuato per far fronte ad una direttiva dell’Unione Europea, in materia di lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile;

2) l’obbligo è per il soggetto (azienda, ente associativo o quant’altro) che impiega al lavoro una persona che ha contatti diretti e regolari con minori;

3) l’obbligo è solo nelle ipotesi in cui si abbia l’instaurazione di un rapporto di lavoro e quindi quando l’azienda o l’associazione assume la qualità di “datore di lavoro”;

4) il termine “datore di lavoro” non deve intendersi solo per il classico rapporto di lavoro dipendente, ma deve essere letto in maniera ampia, quindi datore di lavoro anche quando il rapporto è anche di lavoro autonomo (i.e. con soggetto con partita Iva);

5) il Ministero specifica nella nota che l’obbligo non sorge ove ci si avvalga di forme di “collaborazione” che non si strutturino all’interno di un definito rapporto di lavoro: dovrebbero essere le prestazioni sportive di cui all’art. 67 lett. m del TUIR (ex. L.133 o compensi fino a € 7.500 giusto per intenderci), così come dovrebbero essere i rapporti di lavoro accessorio (voucher) in quanto lavoro accessorio (ex art. 70 del DLgs 276/2003 “… Si intendono le attività lavorative di natura meramente occasionale…”);

6) e le collaborazioni coordinate e continuative con o senza progetto? Il Ministero esonera le forme di collaborazione che non si strutturano all’interno di un definito rapporto di lavoro e ad avviso dello scrivente, il fatto che per le cococo/pro occorre obbligo di contratto scritto, obbligo di comunicazione al collocamento, obbligo di iscrizione alla gestione separata INPS , non possiamo dire che il rapporto non sia “strutturato all’interno di un definito rapporto di lavoro”. Pertanto SI al certificato penale.

Presentiamo una tabella di riepilogo:

RAPPORTO DI LAVORO

CERTIFICATO

SI/NO

Lavoro dipendente

SI

Cococo/cocopro

SI

Lavoro accessorio/voucher

NO

Lavoro autonomo con p.Iva

SI

Prestazioni occasionali

NO

Prest. Sportive ex art. 67 TUIR

NO

Collab. Amm.vo gestionali ex art.67 TUIR

NO

 

Inoltre:

7) sembra abbastanza chiaro, dopo la nota del Ministero, che l’obbligo è per l’instaurazione di rapporti di lavoro dalla data del 07/04/2014 e NON anche per quelli già in corso a tale data. L’utilizzo del termine “… l’obbligo sorge soltanto ove il soggetto che intenda avvalersi…” fa propendere per tale interpretazione;

8) gli Uffici del casellario giudiziale presso ogni procura della Repubblica, forniranno il certificato al datore di lavoro, che dimostri di avere avuto il consenso del lavoratore;

9) il certificato penale dovrà essere acquisito per verificare solamente condanne per i reati di: prostituzione minorile, pornografia minorile, pornografia virtuale, turismo sessuale, adescamento di minorenni. Al momento gli Uffici del casellario non hanno la possibilità di evidenziare nei certificati unicamente tali reati, ma trascrivono tutte le condanne del lavoratore passate in giudicato (inutile dire che se il soggetto non ha avuto condanne di nessun genere problemi non ce ne sono ed il certificato sarà negativo);

10) in merito a tale ultimo punto, il Ministero ha indicato che il datore di lavoro fatta comunque la richiesta del certificato, possa procedere all’impiego del lavoratore senza aspettare il certificato richiesto, mediante l’acquisizione di una dichiarazione del lavoratore sostitutiva di certificazione circa l’assenza a suo carico di condanne;

11) in ultimo, ma non per importanza, la sanzione per chi non adempie all’obbligo: sanzione amministrativa pecuniaria di una somma da € 10.000 a € 15.000.

Per concludere: l’intento del Legislatore è chiaro e lodevole, ma il Ministero di Giustizia poteva/doveva gestire meglio questo ennesimo adempimento a carico di aziende e associazioni, quanto meno dettando disposizioni più chiare di quelle che sono state esposte.

11 aprile 2014

Maurizio Falcioni