La Legge Delega Fiscale incentiva il contraddittorio

la Legge delega fiscale prevede una riordino della fase di accertamento e contenzioso: per evitare inutili contenziosi si intende incentivare l’utilizzo del contraddittorio Fisco-contribuente

La cosiddetta “delega fiscale”, con la quale il Parlamento delega il governo ad emanare disposizioni “per un sistema fiscale più equo, trasparente ed orientato alla crescita” (Legge 11 marzo 2014 n. 23, in vigore dal 27 marzo 2014), contiene numerose mozioni interessanti che potrebbero effettivamente alleggerire e rendere più equo il carico fiscale, (ri)avviando quel processo di modernizzazione, semplificazione e trasparenza che è praticamente fermo alla “riforma Visco” del 19971.

Certo, nel 2000 ha visto la luce lo Statuto del Contribuente, che ha profondamente riformat il rapporto fisco-contribuente ponendolo in una cornice veramente nuova, e richiamando le due parti coinvolte al rispetto dei “valori costituzionali fondamentali, ma troppo a lungo dimenticati o compressi da una male intesa “esigenza erariale”2. Ancora, nel 2006 è stata oggetto di riforma la riscossione dei tributi3, ma per il resto la legislazione statale ha riservato in questi ultimi anni ben poche sorprese (a parte i soliti aumenti delle aliquote d’imposta), mentre la fiscalità locale è in continuo (instabile) divenire, anche per effetto di quel grande laboratorio che è (rectius: era) il federalismo fiscale, di cui, peraltro, non si sente più parlare.

Ma ormai da troppo tempo si avvertiva l’esigenza di un forte intervento normativo nel riassetto della finanza pubblica e del sistema tributario, che prendesse le distanze dai provvedimenti affrettati, astratti e privi di una ragione fiscale di quest’ultimo decennio, idonei solo ad incrementare la litigiosità e ad elevare ancora di più la già insostenibile pressione tributaria.

Di questo e di tanti altri (per ora solo) buoni propositi sono piene le 54 pagine che contengono la delega fiscale, lettura sicuramente interessante che fa bene sperare per il futuro. La delega, infatti, interviene su diversi delicati settori fiscali: abuso del diritto, riforma del catasto, sistema sanzionatorio, rateizzazione dei debiti tributari, revisione del contenzioso tributario e del sistema di riscossione anche degli enti locali, istituzione di regimi semplificati per i contribuenti di minori e minime dimensioni, fiscalità energetica ed ambientale etc…, ma – in particolare – colpisce l’attenzione che il legislatore dimostra per il contraddittorio amministrativo, oggetto di specifica previsione in diversi passaggi normativi.

Innanzitutto, proprio nell’art. 1, che individua i principi cui l’azione di governo deve ispirarsi, si evidenzia come l’attività dell’amministrazione debba essere svolta “in un quadro di reciproca e leale collaborazione “anche attraverso la previsione di forme di contraddittorio propedeutiche all’adozione degli atti di accertamento dei tributi”.

Nel successivo art. 9, intitolato “Rafforzamento dell’attività conoscitiva e di controllo”, il governo è delegato ad introdurre, con appositi decreti legislativi, norme per “rafforzare il contraddittorio nella fase di indagine e la subordinazione dei successivi atti di accertamento e di liquidazione all’esaurimento del contraddittorio procedimentale”.

Inoltre, nelle norme dettate per la revisione del catasto dei fabbricati (art. 2), la delega dispone affinché il governo provveda ad emanare, fra l’altro, norme dirette a “prevedere, in aggiunta alle necessarie forme di tutela giurisdizionale, particolari ed appropriate misure di tutela anticipata del contribuente in relazione all’attribuzione delle nuove rendite, anche nella forma dell’autotutela amministrativa, con obbligo di risposta entro sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza”.

 

In passato, la collaborazione fra le parti del rapporto tributario è stata decisamente scarsa e l’amministrazione finanziaria ha sempre mantenuto una posizione di supremazia (ius imperii) che ha innalzato il livello di litigiosità, rendendo particolarmente difficoltosa – almeno nella fase endoprocedimentale che precede l’emissione dell’atto di accertamento– un’efficace ed anticipata azione di difesa del cittadino nei confronti dell’attività di contrasto all’evasione svolta dal fisco. A ciò non è estranea la L. 241/1990, dettante norme in materia di procedimento amministrativo, la quale, se pure all’art. 9 sancisce espressamente che “Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati … cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento”, nel successivo art. 13 esclude esplicitamente dall’applicazione della predetta disposizione “i procedimenti tributari per i quali restano parimenti ferme le particolari norme che li regolano”.

 

E’ proprio con la riforma Visco del 1997 che comincia a registrarsi una positiva evoluzione verso una maggiore partecipazione del contribuente alle vicende fiscali che lo riguardano ed il processo di progressivo smantellamento delle tradizionali barriere fra fisco e contribuente – che, comunque è ben lontano dal ritenersi concluso – culmina nel 2000 con l’approvazione della Legge n. 212/2000, che introduce precise regole generali alle quali ogni rapporto tributario non può sottrarsi quali la collaborazione, la trasparenza, la salvaguardia della buona fede, il non aggravamento della posizione dell’altra parte e che (agli artt. 6, c. 2 e 12, c. 7) riconosce espressamente il diritto del cittadino ad essere ascoltato, assistito ed informato sui fatti fiscali che lo riguardano.

L’introduzione del principio della soccombenza nel processo tributario, l’utilizzo massiccio di metodologie di controllo automatizzate (artt. 36 bis e ter del DPR 600/1973 e accertamenti ex art. 41 bis dello stesso decreto) e di tipologie di accertamento basate su argomentazioni presuntive e standardizzate (accertamento sintetico e accertamenti basati su parametri e studi di settore) hanno reso ormai inevitabile dare concreta attuazione al principio del contraddittorio, in modo da valorizzare la partecipazione attiva del contribuente al procedimento di accertamento, sia per consentirgli una difesa anticipata rispetto alla sede processuale, ma anche per dar modo all’amministrazione finanziaria di approfondire la fase istruttoria del controllo, integrare gli elementi di accertamento desunti dagli incroci delle banche dati con gli argomenti difensivi provenienti dal privato ed evitare l’emissione di atti infondati e/o scarsamente sostenibili

D’altro canto, la regola del contraddittorio va inserita nel quadro del principio costituzionale del diritto alla difesa, il quale mira a garantire non solo l’uguaglianza delle parti, ma soprattutto di poter esporre e far valere le proprie ragioni e di conoscere le ragioni dell’altra parte, in modo da potervi controbattere ed influire così sull’esito della controversia. Se l’obbligo del contraddittorio nel processo tributario, derivante in prima ratio dall’art. 24 della Costituzione, è ormai unanimemente riconosciuto, opinioni contrastanti si osservano, invece, sull’obbligatorietà del confronto fisco-contribuente in sede amministrativa, avuto riguardo alla mancanza – almeno sino ad oggi – di una norma generale che sancisca l’obbligo per l’amministrazione finanziaria di instaurare il contraddittorio prima di emanare l’atto di accertamento.

 

Gli innegabili vantaggi della collaborazione fra fisco e contribuente nell’accertamento tributario sono immediatamente percepibili nella diminuzione della litigiosità (il concordato a regime è ormai unanimemente considerato strumento ottimale per coniugare felicemente l’azione di accertamento con quella di riscossione), nella maggiore sostenibilità dell’atto di accertamento (le ragioni del contribuente vengono vagliate prima dell’emissione dell’atto che, quindi, acquista una maggiore concretezza e credibilità), nell’esaltazione del principio di trasparenza dell’attività pubblica, anch’esso derivante dalla diretta partecipazione del contribuente alla formazione del fascicolo che costituirà la base dell’istruttoria, prodromica all’emissione dell’accertamento.

In conclusione il contraddittorio, nella fase endoprocedimentale e quale previsione di carattere generale cui deve uniformarsi l’accertamento tributario, tende a realizzare quel concetto di tax compliance4 alla quale ormai da tempo punta l’amministrazione finanziaria per dare attuazione al dettato dell’art. 10 dello Statuto in tema di collaborazione e tutela della buona fede.

D’altro canto l’anticipazione del contraddittorio alla fase procedimentale non si esaurisce in una partecipazione del contribuente all’attività di accertamento nell’interesse del fisco (esibizione di fatture, registri, etc.), ma è volta ad evitare – per quanto possibile – l’instaurazione del contenzioso perché la conoscenza e la ponderazione delle eccezioni difensive prima della notifica degli atti impositivi consente all’ufficio di ridimensionare le proprie pretese qualora non siano suffragate da sufficienti elementi probatori.

 

4 aprile 2014

Valeria Fusconi

1 I decreti legislativi emanati in attuazione delle deleghe conferite con la Legge n. 662/1996 hanno riguardato fra l’altro: 1) l’introduzione degli istituti dell’accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale; 2) la modifica (abolizione) dei servizi autonomi di cassa degli uffici finanziari (IVA e Registro); 3) l’introduzione di norme volte alla semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e IVA ; 4) il riordino della disciplina degli enti non commerciali e ONLUS; 5) l’introduzione delle vigenti disposizioni generali in tema di sanzioni tributarie, di cui ai D. Lgs. n. 471, 472, 473 del 1997.

2 Statuto del Contribuente, Quaderni di Formazione della S.S.E.F., 2001.

3 La riscossione dei tributi è stata oggetto di riforma ad opera del D.L. n. 203/2005. In precedenza, il sistema di riscossione era affidato in concessione, mediante procedure ad evidenza pubblica, a società per azioni (c.d. Concessionari della riscossione). Con la riforma, a decorrere dal 1° ottobre 2006, è stato disposto: 1) l’eliminazione del previgente sistema di riscossione; 2) l’attribuzione dell’attività di riscossione all’Agenzia delle Entrate, che la esercita per il tramite di un’apposita società (denominata dapprima Riscossione s.p.a. e poi Equitalia s.p.a.), detenuta per il 51% dall’Agenzia delle Entrate e dall’INPS per il 49%; 3) la possibilità, da parte della predetta società Equitalia s.p.a. di acquistare una quota non inferiore al 51% del capitale delle precedenti società concessionarie (o del ramo d’azienda delle banche che hanno gestito direttamente l’attività di riscossione). Per cui, dal 2006, le precedenti aziende concessionarie, ora denominate Agenti della Riscossione, continuano ad esercitare l’attività di riscossione in qualità di partecipate da Equitalia s.p.a..

4 La tax complianceè la mission dell’Agenzia delle Entrate e consiste nel livello di adesione spontanea del contribuente agli obblighi fiscali che l’amministrazione finanziaria ottiene utilizzando opportunamente due leve: da un lato il servizio, l’assistenza e le informazioni che fornisce al singolo, dall’altro il contrasto all’evasione fiscale.