Incertezza normativa e sanzioni: una possibile definizione

secondo la Cassazione sussiste incertezza quando la disciplina normativa si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per l’equivocità del loro contenuto…

Con l’ordinanza n.2379 del 4 febbraio 2014 la Corte di Cassazione ha esaminato e deciso le questioni poste dal ricorso, sulla base dei principi desumibili da pregresse pronunce, ribadendo la decisione (Cass. n.14476/2003) secondo cui “In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il potere delle commissioni tributarie di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni in caso di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme alle quali la violazione si riferisce potere riconosciuto dall’art. 39 bis del dPR 26 ottobre 1972, n.636 (applicabile “ratione temporis”), tenuto fermo dall’art. 8 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e ribadito, con più generale portata, dall’art. 6, comma secondo, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 – sussiste quando la disciplina normativa, della cui applicazione si tratti, si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per l’equivocità’ del loro contenuto, derivante da elementi positivi di confusione, il cui onere di allegazione grava sul contribuente“.

Brevi note

Di recente, con la sentenza n. 8825 dell’1 giugno 2012 (ud. 17 aprile 2012) la Corte di Cassazione ha fornito una precisa definizione dell’ambito di applicazione dell’art. 8 del D.Lgs. n. 546/92, fornendo una vera e proprio casistica sull’obiettiva condizione di incertezza normativa. L’incertezza normativa oggettiva tributaria è quella “situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sè ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie”. L’incertezza normativa oggettiva “costituisce una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto, come emerge dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, che distingue in modo netto (comma 2 e comma 4) le due figure dell’incertezza normativa oggettiva e dell’ignoranza inevitabile (pur ricollegandovi i medesimi effetti) e perciò l’accertamento di essa è esclusivamente demandata al giudice e non può essere operato dalla Amministrazione”. L’incertezza normativa oggettiva “non ha il suo fondamento nell’ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria. L’essenza del fenomeno incertezza normativa oggettiva si può rilevare attraverso una serie di fatti indice, che spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo, e che sono stati individuati a titolo di esempio e, quindi, non esaustivamente:

1) nella difficoltà d’individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge;

2) nella difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica;

3) nella difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata;

4) nella mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà;

5) nella mancanza di una prassi amministrativa o nell’adozione di prassi amministrative contrastanti;

6) nella mancanza di precedenti giurisprudenziali;

7) nella formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale;

8) nel contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale;

9) nel contrasto tra opinioni dottrinali;

10) nell’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente.

Tali fatti indice devono essere accertati ed esaminati ed inseriti in procedimenti interpretativi della formazione che siano metodicamente corretti e che portino inevitabilmente a risultati tra loro contrastanti ed incompatibili (procedimenti riservati in via esclusiva all’organo giudiziario: cfr. da ultimo Corte Cass. 5′ sez. 23.3.2012 n. 4683)”.

Successivamente, con la sentenza n. 20302 del 4 settembre 2013 (ud 4 luglio 2013) la Corte di Cassazione è tornata sul concetto di incertezza normativa, ribadendo la sua posizione. Nello specifico, osserva la Corte, come ripetutamente affermato in precedenti pronunce, che in tema di sanzioni per violazione delle norme tributarie, “l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, in base al principio generale stabilito nel D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, poi inserito nel c.d. Statuto del contribuente dal D.Lgs. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 3, e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8, postula una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, ossia insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento di interpretazione, in presenza di pluralità di prescrizioni di coordinamento difficoltoso per via di elementi positivi di confusione, che è onere del contribuente allegare; dette insicurezza ed equivocità, inoltre, vanno riferite non già ad un generico contribuente, nè a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di un determinata interpretazione (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 24670 del 28/11/2007; id. Sez. 5, Sentenza n. 2192 del 16/02/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 13457 del 27707V2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 18434 del 26/10/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 4522 del 22/02/2013; id. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3245 del 11/02/2013)”. Nel caso sottoposto alla Corte, “ non è stato allegato dalla parte ricorrente nè risulta al Collegio che le disposizioni normative statali e comunitarie in materia di regime del margine abbiano dato luogo, in sede giurisdizionale, a differenti soluzioni interpretative contrastanti pur se da ritenersi egualmente valide in quanto fondate sulla corretta applicazione dei criteri ermeneutici, con la conseguenza che la prospettata difformità interpretativa delle norme in questione, riferita alle circolari amministrative indicate, non è idonea ad elidere, nella specie, la sanzionabilità della condotta violativa del regime fiscale del margine d’utile”.

E da ultimo, con la sentenza n. 208 del 9 gennaio 2014 (ud 16 ottobre 2013) la Cassazione ha richiamato il principio più volte affermato secondo cui, “ intema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie,l’incertezza normativa oggettiva, che costituisce causa di esenzione delcontribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, postula unacondizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e suidestinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocitàdel risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazionenormativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a queicontribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci diinterpretazione normativa qualificata, e tanto meno all’Ufficio finanziario,ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione.Tale verifica è censurabile in sede di legittimità per violazione di legge,non implicando un giudizio di fatto, riservato all’esclusiva competenza delgiudice di merito, ma una questione di diritto, nei limiti in cui la stessarisulti proposta in riferimento a fatti già accertati e categorizzati nelgiudizio di merito (tra le tante, Cass. nn. 24670 del 2007, 19638 del 2009,2192, 4685, 13457 e 18434 del 2012, 3245 e 6190 del 2013)”.

Ricordiamo che in sede di prassi, la C.M. n. 98/E del 23 aprile 1996 – in ordine all’art. 8 del D.Lgs.n.546/72 – ritiene che “deve trattarsi di incertezza oggettiva – come, ad esempio, nei casi di divergenze di contenuto tra atti ufficiali dell’amministrazione – non anche di incertezza derivante da condizioni soggettive del ricorrente”. La stessa Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 180/E del 10 luglio 1998 aveva chiarito che “si deve reputare che sussista incertezza obiettiva di fronte a previsioni normative equivoche, tali da ammettere interpretazioni diverse e da non consentire, in un determinato momento, l’individuazione certa di un significato determinato. Una tale situazione, non infrequente rispetto alle norme tributarie assai spesso complesse e non univoche, si può verificare, ad esempio, in presenza di leggi di recente emanazione rispetto alle quali non si sia formato un orientamento interpretativo definito, ovvero coesistano orientamenti contraddittori.”

10 aprile 2014

Roberta De Marchi