La disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo

la presentazione di un’istanza di concordato preventivo in bianco apre una serie di problematiche relative ai rapporti contrattuali in essere ed alla loro possibile continuazione od interruzione (a cura di Gianfranco Benvenuto)

La giurisprudenza è costante nell’affermare che i rapporti giuridici pendenti non sono influenzati dal sopravvenire della procedura di concordato preventivo (Cass 29/9/1993 n. 9758).

L’interprete rimane però esposto a qualche incertezza quando, esaminando il rapporto dalla prospettiva del creditore in bonis, deve rispondere all’interrogativo di quale sia il livello di protezione dei crediti sorti in esecuzione dei rapporti in corso di procedura, quale la libertà di coltivarli da parte dell’imprenditore in concordato e come si declina la stabilità del rapporto in corso di procedura.

 

Quali sono i “rapporti in corso”

Innanzi tutto vanno individuati i “rapporti in corso” che sono quelli non esauriti nelle prestazioni che hanno radice anteriormente alla procedura e sviluppo successivo.

Al riguardo occorre orientarci sul richiamo, operato dall’art 169 l.f. agli artt. 55 e 59 l.f. che dettano la regola, incompatibile con la disciplina dei rapporti pendenti, secondo cui i debiti pecuniari si considerano scaduti al momento dell’apertura del concordato.

Il riferimento è principalmente al mutuo e, in generale, ai contratti di finanziamento rispetto ai quali le procedure concorsuali (fallimento e concordato) fanno venire meno la “continuazione” con la necessità di applicare il precetto del concorso a tutto il debito, ormai scaduto.

L’art 72 l.f., aggiunge alla casistica esclusa dalla disciplina dei rapporti pendenti la vendita i cui effetti reali si siano consumati prima del fallimento: il mancato richiamo da parte dell’art 169 l.f. dell’art 72 non autorizza a capovolgere la disciplina in caso di concordato in quanto nella vendita con effetti reali consumatisi anteriormente alla procedura concordataria, una prestazione si è interamente esaurita mentre rimane eventualmente pendente solo il pagamento, un po’ come accade con il mutuo.

È possibile pervenire allora alla conclusione che i contratti in corso di esecuzione siano assimilabili ai “rapporti pendenti” del fallimento, contraddistinti dalla mancata esecuzione da entrambi le parti della propria prestazione.

Ciò che non è trasferito al concordato è invece la disciplina che il fallimento riserva ai rapporti pendenti che ruota intorno alla loro sospensione fino a quando il curatore non decida di subentrarvi o sciogliersi, con la conseguenza che il subentro comporta l’obbligo di onorare il contratto, mentre lo scioglimento consegna il creditore al concorso; la ragione di questa esclusione risiede nel rilievo che l’art 72 l.f. è ancellare al principio dello spossessamento di cui all’art. 42 l.f. che nel concordato non solo è assente ma addirittura sostituito dall’art 167 l.f. che stabilisce in capo all’imprenditore un regime di “spossessamento attenuato” che si declina nella conservazione dell’amministrazione dei propri beni e dell’esercizio dell’impresa, sino al limite degli atti di straordinaria amm.re per il cui compimento occorre invece l’autorizzazione del giudice delegato (pena l’inefficacia).

Dunque il principio della conservazione dei rapporti trova ragione nella differente impostazione attribuita, rispettivamente nel fallimento e nel concordato, al regime dei beni e ai poteri del debitore rispetto alla loro amministrazione; occorre ora approfondire quali siano le conseguenze degli atti in corso sul patrimonio del debitore in concordato (e dunque rispetto agli altri creditori) e quale sia il limite della libertà dell’imprenditore di compierli.

 

Gli atti legalmente compiuti

La circostanza che i rapporti in corso non si sospendano lascia aperto il quesito sul destino dei crediti che ne derivano.

L’art 161 7° co l.f. in riferimento alla gestione dell’impresa nel periodo di pre-concordato (quello cioè compreso tra il deposito della domanda “in bianco” e il decreto di ammissione alla procedura ex art 163 l.f.), dispone che i crediti dei terzi sorti in conseguenza degli “atti legalmente compiuti” hanno natura prededuttiva, allineandosi a quanto dettato dall’art. 67 3° co lettera e) l.f. ove si prevede l’esenzione dall’azione revocatoria per “i pagamenti legalmente posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all’articolo 161 l.f.

L’art 186 bis l.f. prevede la stabilità dei rapporti pendenti per effetto dell’apertura della procedura con continuità aziendale il chè lascerebbe supporre che gli atti del debitore volti ad assolvere i debiti sorti dai rapporti pendenti siano atti “legalmente compiuti”.

Peraltro il fatto che all’art 161 8° co la legge fall.re ponga tra gli “obblighi informativi” posti dal tribunale a carico del debitore quelli relativi alla “gestione finanziaria dell’impresa” porta a ritenere che l’imprenditore, dopo il deposito della domanda, abbia una qualche libertà nella gestione del patrimonio anche se gli effetti potenzialmente prededuttivi che gli atti esecutivi riflettono sul patrimonio del debitore, potenzialmente lesivi degli interessi degli altri creditori, inducono una certa prudenza nel dare un contenuto all’espressione “atti legalmente compiuti”.

Il criterio potrebbe subire il concorso di altri che ne frenano la portata: il frequente richiamo alla distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione (art 167 2°co; art 161 7°co) sembra aver un peso in relazione a quali siano gli atti legalmente compiuti capaci di andare esenti da revocatoria nell’(eventuale successivo) fallimento o di meritare la prededuzione in pendenza di concordato.

L’incrocio dei concorrenti principi porterebbe alla conclusione che l’imprenditore dopo il deposito della domanda di concordato “in bianco” possa continuare ad esercitare l’attività imprenditoriale (indipendentemente dalla volontà di proporre un concordato liquidatorio o con continuità aziendale), con l’abilitazione a compiere gli atti di ordinaria amministrazione, mentre quelli urgenti di straordinaria amministrazione debbono/possono essere compiuti solo con l’autorizzazione del Tribunale.

 

Gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione

La giurisprudenza circoscrive il campo degli atti di ordinaria amministrazione a quelli “inerenti alla conservazione o al miglioramento del patrimonio” (Cass 7390/97), ovvero a quelli che si propongono lo scopo di conservare l’attività di impresa senza incidere negativamente sul patrimonio della stessa (Trib. di Milano 11 dicembre 2012) o di comune gestione dell’azienda strettamente aderenti alle finalità e dimensioni del patrimonio.

Ricadono invece nell’area della straordinaria amministrazione gli atti suscettibili di ridurlo o gravarlo di pesi o vincoli cui non corrispondono acquisizioni di utilità reali su di essi prevalenti (Trib. di Terni 12 ottobre 2012; Cass 20291/05; Cass 15484/04); la straordinarietà di un atto di amministrazione va valutato anche in ragione della sua rilevanza economica oppure in rapporto al suo contenuto rispetto al piano e agli effetti depauperativi sul patrimonio del debitore (criterio quest’ultimo che troverebbe riscontro nell’articolo 167 3° co l.f. il quale rimette al Tribunale la facoltà di determinare un limite al valore degli atti al di sotto del quale autorizzazione non è dovuta).

Il compimento di atti di straordinaria amministrazione senza la necessaria autorizzazione è inefficace, oltre ad esporre il debitore alla revoca dell’ammissione al concordato (o alla inammissibilità in caso del compimento dell’atto anteriormente al provvedimento di ammissione ex art 163 l.f.)

Pertanto coniugato con il dettato dell’art 161 7°co l.f. la prededuzione per “crediti sorti per effetto degli atti legalmente compiuti” va riconosciuta a quei crediti che derivino da atti di ordinaria amministrazione o autorizzati in quanto straordinari.

 

I crediti sorti in occasione della procedura e quelli anteriori

I crediti sorti dai rapporti pendenti possono essere in parte anteriori ed in parte posteriori alla procedura.

Nel fallimento la disciplina dettata per i rapporti pendenti dall’art 72 1°co l.f. (così come l’art.74 l.f. per la somministrazione o l’art. 72 quater per il leasing), prevede, in caso di subentro del curatore, il pagamento integrale anche delle prestazioni di servizi già avvenuti; tuttavia il mancato richiamo nel concordato di questa norma deve orientare l’interprete a cercare altrove la soluzione del trattamento dei crediti relativi a rapporti sorti prima del concordato ed ancora ineseguiti.

Una norma capace di fare luce in argomento è l’articolo 168 l.f. che affida al concorso i creditori per titolo o causa anteriori alla pubblicazione del ricorso nel registro imprese, impedendogli di avviare o proseguire azioni esecutive sui beni del debitore e, in via ordinaria, di acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti.

La Cassazione, con le sentenze nn. 17637 e 16426 del 2007, nel valutare la partecipazione o meno al concorso di un credito manifestatosi successivamente al concordato, conclude affermando che: “a risultare rilevante è la collocazione nel tempo piuttosto che della fonte finale dell’obbligazione, del fatto che l’ha determinata”, fornendo così un contributo alla soluzione del trattamento dei crediti sorti dai rapporti pendenti.

Una seconda indicazione è data dall’art 182 quinquies l.f. che regola (in termini stringenti) l’ipotesi di pagamento di crediti per prestazioni di beni e servizi sorti anteriormente al deposito della domanda, impedendo di attribuire “legalità” ai pagamenti avvenuti in assenza di provvedimento autorizzativo.

Si può allora trarre la conclusione che ove la fonte genetica dell’obbligazione si collochi anteriormente alla pubblicazione nel registro imprese della domanda di concordato, gli effetti saranno quelli del concorso (salvo eccezioni legate a provvedimenti autorizzativi del giudice delegato o del tribunale), mentre se la fonte dell’obbligazione si colloca successivamente, fatta salva la legalità degli atti da cui deriva, la conseguenza è la prededucibilità.

Restringendo il campo d’analisi, gli stessi rapporti in corso potranno comportare che una parte del credito per prestazioni eseguite ante concordato (prendendo come riferimento la pubblicazione della domanda ex art 161 l.f.) sia sottoposta alle regole del concorso mentre altra parte, successiva allo spartiacque sopra indicato, ne sia sottratta godendo così della prededuzione (con le limitazioni sopra indicate).

Esempio tipico e nel contempo emblematico di trattamento suddiviso del credito è il contratto di somministrazione che vedrà sottoposte a concorso le prestazioni effettuate ante concordato e in prededuzione quelle successive.

Vi sono tuttavia ipotesi più insidiose quali quelle che vedono il contratto di fornitura stipulato ante concordato ma eseguito post: la fornitura è una vendita con effetti reali che si producono al momento dell’accettazione dell’ordine con la conseguenza che la consegna costituisce soltanto un effetto esecutivo (così come il pagamento), della vendita già intervenuta (art 1510 c.c.): il credito trova fonte anteriormente al concordato e dunque subirà il concorso indipendentemente dall’epoca dell’esecuzione (fatto salvo il diritto del venditore alla restituzione ex art 1519 c.c. previsto anche in caso di fall.to dall’art 75 l.f.).

Un caso diverso può porsi invece nell’ipotesi in cui, su richiesta del proponente o per la natura dell’affare, la prestazione deve eseguirsi senza una preventiva risposta: poiché in tal caso il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione ai sensi dell’articolo 1327 c.c., da ciò si ricava che ove questa sia avvenuta successivamente alla domanda di concordato la prestazione potrà essere onorata con la prededuzione.

La giurisprudenza ha operato una mappatura dei più frequenti contratti in corso, in pendenza di concordato, dettandone il trattamento che di seguito si riassume:

contratto di leasing e di locazione: si ritiene che i canoni anteriori alla procedura subiscano la falcidia concordataria mentre quelli successivi siano in prededuzione (cfr T Genova 11/1/1996 Fall.to 1996, 698);

contratti di factoring: al factor spetta la legittimazione all’incasso dei crediti ceduti prima dell’apertura della procedura, con possibilità di applicare anche la compensazione ex articolo 56 l.f. (richiamato ex art.169 l.f.) ai crediti sorti anteriormente all’inizio della procedura stessa ma maturati successivamente;

contratti di somministrazione: il credito del somministrante per il prezzo delle prestazioni eseguite prima dell’ammissione del debitore al concordato preventivo è pagato nella percentuale concordataria anche se il rapporto prosegue in costanza di procedura; deve invece essere soddisfatto per intero il credito relativo alle prestazioni eseguite dopo il deposito della domanda di concordato ex articolo 161 l.f. (Cass 30/01/1997, n. 968);

contratto d’appalto: la S.C. (Cass.14/10/1998 n.10141) ha rilevato che poiché il diritto dell’appaltatore al corrispettivo sorge dopo l’esecuzione e non dalla stipulazione del contratto, il diritto di credito vantato dall’appaltatore quale corrispettivo del contratto stesso, non può comprendersi fra i beni esistenti nel patrimonio del debitore se alla data della proposta di concordato il contratto risulti solo stipulato e non (in parte) eseguito;

contratto di assicurazione: la Cassazione (sentenza n. 9758 del 29/09/1993) ha stabilito che i premi sono sottoposti alla falcidia concordataria se riguardano periodi assicurativi esauritisi in precedenza, mentre vanno soddisfatti per l’intero se riguardano periodi ulteriori.

rapporti di conto corrente in riferimento all’anticipazione su fatture o ricevute bancarie: la giurisprudenza più recente ha stabilito che se nel contratto è previsto il diritto alla compensazione delle somme riscosse tramite mandato in rem propriam, esso opera anche in corso di procedura relativamente agli incassi effettuati successivamente alla domanda di concordato riferiti a crediti anticipati (Cass 1/9/2011 n 17999).

 

I crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato

Tra i rapporti in corso di procedura che a buon diritto aspirano alla prededuzione vi sono quelli sorti in funzione della procedura; sono rapporti pendenti in quanto, nati anteriormente, proseguono dopo il deposito della domanda di concordato ex art 161 6° co l.f. : il vincolo di funzionalità che li lega alla procedura di concordato permette loro (ex art 111 l.f.) di essere pagati con il riconoscimento della prededuzione anche con riferimento alle prestazioni eseguite anteriormente all’apertura del concorso (perfino quando il rapporto si fosse esaurito anteriormente al deposito della domanda di concordato come può accadere per la figura dell’attestatore): quindi il trattamento che ricevono rispetto agli altri è decisamente privilegiato.

Anche i crediti sorti in occasione della procedura di concordato possono attenere a rapporti pendenti ogni qualvolta si riferiscano a prestazioni che trovano radici nel rapporto negoziale sorto anteriormente al concordato ma la fonte del credito in una prestazione di beni o servizi sorta in pendenza ed in occasione della procedura (es: appalto, mandato, contratto d’opera, prestazione professionale, somministrazione, locazione, affitto, deposito, assicurazione).

A questi crediti, in forza del combinato disposto degli artt 111 e 161 7° co l.f. è riconosciuta la prededuzione con il limite della legalità degli atti da cui promanano.

Ma la prededuzione resiste ad un eventuale successivo fallimento?

Con una recente sentenza (24/1/2014 n. 1513) la S.C. ha parzialmente spento gli entusiasmi stabilendo che: “il criterio cronologico indicato dall’art 111 co 2 l.f. secondo cui sono prededucibili i crediti sorti in occasione di una procedura concorsuale,deve essere integrato con quello, soggettivo, della riferibilità del credito all’attività degli organi della procedura, non potendosi considerare prededucibili, per il solo fatto di essere sorti in occasione della procedura, i crediti conseguenti ad attività del debitore non funzionali ad esigenze della stessa”.

Dunque in caso di consecuzione di procedure il rispetto della funzionalità alle esigenze della procedura va a dipingere il concetto di legalità dell’atto di cui all’art 161 co 7°, nel senso che il credito sorto “in occasione” del concordato, se frutto di atto di ordinaria amministrazione dell’imprenditore, potrà reclamare la prededuzione nel successivo fallimento solo quando l’atto del debitore che lo provoca sia funzionale alla procedura stessa; per quanto riguarda gli atti straordinari l’autorizzazione del tribunale presuppone già la valutazione della funzionalità.

Tuttavia il legislatore è di recente intervenuto con una legge che offre interpretazione autentica dell’art 111 2° co l.f.; l’art 11 del D.L.23/12/2013 n 145 convertito con L n 9 del 21/2/2014 ha disposto infatti che: “i crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo aperta ai sensi dell’art 161 6° co l.f. sono prededucibili alla condizione che la proposta, il piano e la documentazione di cui ai co 2° e 3° dell’art 161 siano presentati entro il termine, eventualmente prorogato, fissato dal giudice e che la procedura sia aperta ai sensi dell’articolo 163 l.f. senza soluzione di continuita’ rispetto alla presentazione della domanda ai sensi del citato articolo 161, co 6° l.f.”.

Quindi, alla luce della novità legislativa, l’autorizzazione del tribunale potrebbe non essere sufficiente a garantire la prededuzione al credito sorto in occasione od in funzione della procedura: se la procedura non dovesse superare il vaglio di ammissibilità che la attende al varco dell’esame di cui all’art 163 l.f., come nel più classico gioco dell’oca, il creditore, titolare del rapporto pendente, ritornerebbe ai cancelli di partenza giocandosi le aspettative di soddisfazione del proprio credito con le diverse carte del concorso perdendo quelle della prededuzione con cui pensava di aver fino a quel momento giocato.

Tra le figure più ricorrenti nel percorso concordatario autori di rapporti pendenti i cui crediti sorgono in funzione od in occasione della procedura di concordato sono presenti: il professionista che assiste il debitore, i periti chiamati a formulare le valutazioni dell’attivo patrimoniale e l’attestatore, tutti disposti (sino a ieri) a prestare la propria opera professionale a credito, sulla fiducia (fondata anche sull’autorevolezza della sentenza di Cassazione n 8533/2013 che autorizzava l’interpretazione letterale dell’art 111 l.f.) del prossimo pagamento prededuttivo.

In particolare l’attestatore, negli ultimi sette anni ha visto il riconoscimento della prededuzione oscillare come un pendolo: prima la sua aspettativa di diritto prededuttivo è stata trattata in modo pieno in virtù dell’art 111 l.f. introdotto con il D.lgs 12/9/2007 n 169; poi ristretto all’ipotesi dell’ammissione del concordato in applicazione dell’art 182 quater co 4 l.f. (nella versione introdotta dall’art 48 del D.L. 31/5/10 n 78) ma con il vantaggio della diminuita concorrenza con gli altri professionisti (esclusi dalla prededuzione secondo la lettura data dalla giurisprudenza all’art 182 quater l.f.); successivamente con l’abrogazione del 4° co dell’art 182 quater l.f. (soppresso dal D.L. 22/6/2012 n 83), il suo diritto è nuovamente rifiorito ampio ma con il ripristino di una concorrenza più fitta di quella originaria (in quanto la prededuzione veniva riconosciuta a piene mani a differenti operatori); infine con la norma ora introdotta, espressione di un’autentica par condicio, al momento in cui accetterà l’incarico se non viene pagato immediatamente (il chè potrebbe comunque comportare problemi per la possibile sovversione dell’ordine dei privilegi) dovrà sperare che il piano sia presentato e che superi almeno il vaglio dell’ammissione: a qualcuno, la tentazione di “socchiudere” gli occhi sulla valutazione della (più opinabile) fattibilità potrebbe venire …, nella speranza che il tribunale affidi al successivo controllo del commissario il giudizio del requisito di ammissibilità.

A maggior ragione il semplice fornitore (si pensi alla società responsabile delle paghe o all’erogatore di energia) verrà assalito da più di un dubbio circa la convenienza del mantenimento di rapporti contrattuali il cui pagamento nella procedura concorsuale dipendono da variabili imponderabili che se volgessero in senso negativo per ragioni che prescindono dalla esattezza della sua prestazione, gli impedirebbero, nella successiva procedura fallimentare, di far valere la prededuzione maturata per effetto della pendenza del rapporto in corso di procedura.

Da queste indicazioni si ricava che la preoccupazione del contraente in bonis a cui vengano richieste prestazioni anche in pendenza di una procedura di concordato preventivo siano giustificate.

Conclusioni

Questa breve incursione nei rapporti pendenti si può concludere con la considerazione che il convincimento, in cui molti prestatori di beni e servizi si cullavano, della tutela del credito sorto dopo la domanda di concordato proprio perché nato sotto il patronato degli organi della procedura, può andare incontro a delusione.

In particolare l’ultimo intervento normativo si propone evidentemente l’obiettivo di contenere e dissuadere gli abusi di coloro che affidavano alla prededuzione il pagamento di crediti fondati su prestazioni poco utili generate alla vigilia del concordato al solo o prevalente fine di giustificare un compenso certo, con ulteriore danno dei creditori della procedura; tuttavia lo stesso risultato poteva forse essere più proficuamente affidato alla valutazione della magistratura che, attraverso lo strumento interpretativo avrebbe potuto restringere od allargare le maglie della prededuzione in ragione delle accertate finalità speculative non consone agli scopi della procedura (si veda al riguardo il decreto del Trib. Rovigo 12/12/13 su il caso.it, pervenuto su un caso concreto alle stesse conclusioni di Cassazione 2014 n. 1513 sopra citata).

Al contrario l’irrigidimento della disciplina della materia che riguarda un momento così delicato dell’impresa, anteriore al giudizio di ammissione, rischia di tradursi in un disincentivo per le aziende o professionisti che assistono l’impresa in crisi e che potevano far affidamento sulla garanzia prededuttiva dei loro crediti indipendentemente dall’esito della procedura.

Attualmente invece è pronosticabile un atteggiamento di maggior cautela da parte dei fornitori e professionisti i quali in difetto della garanzia del loro credito anche ove decidessero di offrire la prestazione o i beni richiesti, essenziali per l’accesso alla procedura, si troverebbero tra l’incudine di non ricevere soddisfazione del loro credito e il martello di non poterlo percepire antecedentemente alla procedura stessa per il timore di concorrere in un pagamento preferenziale con sovversione dell’ordine dei privilegi, con la conseguenza che sarà molto più prudente negare aiuto all’imprenditore in crisi, accelerandone così il fallimento.

18 marzo 2014

Gianfranco Benvenuto