I casi in cui conviene la rivalutazione dei beni aziendali

La possibilità di rivalutare i beni aziendali è interessante, tuttavia bisogna verificare se la rivalutazione porta benefici (sia di bilancio che fiscali) all’azienda che intende usufruirne.

Questo non vuole essere un approfondimento “classico”, ma più invece l’avvio di un confronto con i colleghi. Abbiamo pensato che potremmo inserire sotto a questo primo intervento quelli che eventualmente altri riterranno di fare.

L’ultima rivalutazione dei beni è prevista nella legge di stabilità 2014 (Legge 27/12/2013, n. 147) ai commi 140 e successivi dell’unico articolo di cui si compone la norma.

Non stiamo qui a ripetere le disposizioni della legge, diamo per scontato che il lettore le conosca già e semmai ci preoccuperemo di approfondire eventuali dubbi proposti in merito.

 

Rivalutazione dei beni aziendali: quando conviene?

Vorremmo invece valutare i casi in cui potrebbe essere opportuno per le aziende avvalersene, questo perché riteniamo sia dovere dei consulenti spiegare ai propri clienti le varie opportunità consentite e soprattutto dare loro una interessante consulenza che gli permetta qualora possibile di risparmiare soldi, nel pieno rispetto della Legge.

 

Vendita di un bene di azienda in contabilità semplificata

Un primo caso potrebbe essere quello della previsione di una vendita di un bene, ad esempio di un fabbricato, e soprattutto nel caso in cui l’azienda, si trovi in contabilità semplificata.

Potrebbe trattarsi anche di una ditta individuale… Ci sono ditte individuali che hanno tra i cespiti un fabbricato, iscritto ad esempio perché in sede di acquisto o costruzione dello stesso si è pensato di inserirlo nell’inventario e nel registro dei beni ammortizzabili allo scopo di recuperare l’IVA e le spese.

Un’azienda potrebbe ad esempio avere la proprietà di un capannone e magari già sa che nel giro di qualche anno lo vuole vendere.

La rivalutazione va iscritta nel bilancio al 31/12/2013 e costa il 16%, da pagarsi in tre anni senza interessi.

Se l’azienda si trova in contabilità semplificata non ha il problema di affrancare la riserva che si forma in contropartita del maggior valore, quindi non deve versare l’ulteriore 10% che sarebbe necessario per non dover versare altre imposte al momento della distribuzione della riserva da rivalutazione.

Ai sensi del comma 144, a decorrere dall’1/1/2017 in caso di cessione ma anche in caso di assegnazione ai soci o di destinazione a finalità estranee all’esercizio di impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore, la rivalutazione avrà valenza fiscale e in caso di parità tra il valore rivalutato e quello di cessione- assegnazione-destinazione-estranea non ci saranno imposte da pagare, non ci saranno plusvalenze.

In questa ipotesi pertanto, per valutare la convenienza alla rivalutazione, occorre semplicemente raffrontare la spesa del 16% (che come detto si pagherà quanto ad un terzo nell’anno 2014, un terzo nel 2015 ed un terzo nel 2016) con la tassazione piena che si avrebbe alla vendita: IRPEF – IRAP – eventuali contributi INPS, addizionale regionale, addizionale comunale. Spesso la somma di queste ultime voci arriva al 50% della plusvalenza, a volte supera anche tale percentuale… potrebbe quindi essere opportuno procedere alla rivalutazione!

 

 

Società di persone con calcolo ACE sul patrimonio netto a fine esercizio

Vediamo un altro ipotetico caso di convenienza alla rivalutazione per una società di persone per la quale l’ACE si calcola sul patrimonio netto a fine esercizio (mentre invece i soggetti IRES tengono conto degli importi versati).

Si ipotizzi una società di persone che detiene impianti o macchinari acquistati già da un pò di anni e per semplificazione espositiva consideriamo che siano completamente ammortizzati: un impianto che viene ammortizzato fiscalmente al 20% dopo 5 anni è completamente ammortizzato; oppure se la percentuale di ammortamento è il 15% dopo 7 anni il valore residuo è zero.

Ci sono però impianti o macchinari che pur avendo una vetustà di 5 – 6 – 7 anni hanno mantenuto ancora un loro valore commerciale e l’esposizione a zero in bilancio non è quindi corretta (o, almeno, è corretta dal punto di vista contabile giacché il bilancio accoglie i beni iscritti al costo – di acquisto o di produzione – ma non esprime certo il vero “valore commerciale” degli stessi).

Se l’azienda guadagna, se ha un bilancio in utile e magari sostanzioso, potrebbe allora essere il caso di rivalutare.

La rivalutazione consente anche il beneficio della ACE, pari al 3% per l’anno 2013, pari al 4% nel 2014, pari al 4,5 nel 2015, pari al 4,75% nel 2016.

Vediamo un esempio.

L’azienda dichiara utili per 200.000 euro.

Possiede un impianto completamente ammortizzato fiscalmente ma che ha ancora un valore commerciale di 600.000 euro e si ritiene che possa ancora avere una lunga durata di utilizzo, percentuale di ammortamento 15%.

La rivalutazione costa il 16%, pari a euro 96.000, che si pagheranno: 32.000 nel 2014, 32.000 nel 2015, 32.000 nel 2016; senza interessi.

Quali benefici comporta, a grandi linee, la rivalutazione dell’impianto?

1) Beneficio ACE, calcolato considerando costante il patrimonio netto:
  • nell’anno d’imposta 2013 3% pari a euro 18.000 – semplificando al massimo diciamo che potrebbe comportare un risparmio di imposte/contributi pari a euro
    9.000 nel 2014
  • nell’anno d’imposta 2014 4% pari a euro 24.000 – semplificando al massimo diciamo che potrebbe comportare un risparmio di imposte/contributi pari a euro 12.000 nel 2015
  • nell’anno d’imposta 2015 4,5% pari a euro 27.000 – semplificando al massimo diciamo che potrebbe comportare un risparmio di imposte/contributi pari a euro 13.000 nel 2016
  • nell’anno d’imposta 2016 4,75% pari a euro 28.500 – semplificando al massimo diciamo che potrebbe comportare un risparmio di imposte/contributi pari a euro 14.000 nel 2017
  • (sempre per semplificazione consideriamo che l’ACE venga abolita dall’anno d’imposta 2017 ma in realtà se non lo sarà ,e sempre a parità di capitale, aumenteranno i vantaggi fiscali dell’operazione)

 

2) beneficio di maggiori ammortamenti fiscali, a decorrere dall’esercizio 2016.

Quindi mentre per gli anni 2013, 2014 e 2015 nessun nuovo ammortamento fiscale, ma dall’anno 2016 scattano i “nuovi” ammortamenti pari a (600.000 per 15%) euro 90.000 all’anno e questo maggior ammortamento, semplificando al massimo, diciamo che potrebbe comportare un risparmio di imposte/contributi pari a 40.000 euro per gli anni:

2016 = 40.000

2017 = 40.000

2018 = 40.000

2019 = 40.000

2020 = 40.000

2021 = 40.000

oltre ad un residuo nell’anno 2022.

 

Riassumendo, l’ipotetica azienda:

  • paga 32.000 euro di rivalutazione nel 2014
  • paga 32.000 euro di rivalutazione nel 2015
  • paga 32.000 euro di rivalutazione nel 2016
  • risparmia grazie all’ACE 9.000 euro nel 2014 per l’anno d’imposta 2013
  • risparmia grazie all’ACE 12.000 euro nel 2015 per l’anno d’imposta 2014
  • risparmia grazie all’ACE 13.000 euro nel 2016 per l’anno d’imposta 2015
  • risparmia grazie all’ACE 14.000 euro nel 2016 per l’anno d’imposta 2016
  • risparmia INOLTRE 40.000 euro ogni anno dal 2016 in poi, fino al residuo del 2021

 

Vediamo anno per anno:

1’ anno – anno 2014: SPESA per rivalutazione 32.000 meno risparmio ACE 9.000 = differenza negativa finanziaria euro 23.000

2’ anno – anno 2015: SPESA per rivalutazione 32.000 meno risparmio ACE 12.000 = differenza negativa finanziaria euro 20.000

3’ anno – anno 2016: SPESA per rivalutazione 32.000 meno risparmio ACE 13.000 + risparmio ammortamenti 40.000 = vantaggio finanziario euro 21.000

4’ anno – anno 2017: risparmio ACE 14.000 + risparmio ammortamenti 40.000 = vantaggio 54.000

5’ anno – anno 2018: (risparmio ACE zero? +) risparmio ammortamenti 40.000 = vantaggio 40.000

6’ anno – anno 2019: (risparmio ACE zero? +) risparmio ammortamenti 40.000 = vantaggio 40.000

7’ anno – anno 2020: (risparmio ACE zero? +) risparmio ammortamenti 40.000 = vantaggio 40.000

8’ anno – anno 2021: (risparmio ACE zero? +) risparmio ammortamenti 40.000 = vantaggio 40.000

9’ anno – anno 2022 solo residui….

 

Il totale di otto anni, dal 2014 al 2021 compresi, comporta un vantaggio complessivo di euro 192.000.

 

L’impatto della rivalutazione dei beni d’impresa con l’ACE

Ma vediamo più schematicamente l’impatto della rivalutazione dei beni d’impresa con l’ACE:

  • L’ACE non è fruita dai soggetti in contabilità semplificata;
  • per i soggetti IRPEF, purché in contabilità ordinaria l’ACE ha, quale base di calcolo, l’importo complessivo a fine esercizio del patrimonio netto;
  • per i soggetti IRES (es. società di capitali) l’ACE è calcolata in relazione agli incrementi di patrimonio netto (utile dell’esercizio e conferimenti dei soci);
  • La rivalutazione dei beni d’impresa può essere effettuata a prescindere dall’impianto contabile (ordinaria o semplificata);
  • La rivalutazione determina, a seguito dell’iscrizione in Patrimonio netto di una riserva in sospensione d’imposta, un incremento dello stesso che potrà essere goduto dai soggetti IRPEF in contabilità ordinaria. Per i soggetti IRES, e per i soggetti in contabilità semplificata, non ha impatto;
  • La riserva iscritta può essere “liberata” (viene meno il vincolo della sospensione) con pagamento di un’imposta sostitutiva del 10%
  • L’imposta non va versata dai soggetti in contabilità semplificata, non avendo questi soggetti un bilancio nel quale hanno iscritto la riserva;
  • A seguito del versamento dell’imposta sostitutiva del 10% i soggetti IRES si vedono liberare la riserva, nel senso che possono distribuire la riserva ai soci, nel qual caso saranno questi a versare le imposte su quanto distribuito (es. Irpef sul 49,72% degli importi distribuiti). Per i soci di società di persone si presume già imputata la riserva “liberata”, con l’effetto che in caso di distribuzione non devono tassare ulteriormente gli importi ricevuti.

    Quindi:

  • se la società di persone che rivaluta è in contabilità semplificata non deve versare l’imposta sostitutiva del 10% perché non ha iscritto alcuna riserva, e dunque neppure i soci hanno tassazione. Non ci sono effetti ai fini ACE.

  • se la società di persone che rivaluta è in contabilità ordinaria può trovare conveniente liberare la riserva (paga il 10% e i soci sono liberi di prendersi i soldi senza alcun’altra imposizione). Inoltre la rivalutazione ha effetto ai fini ACE.
    Si potrebbe però anche valutare di non procedere all’affrancamento della riserva (mediante il pagamento del 10%)… perché? Perché si sta ragionando di una riserva che se non si fa la rivalutazione non esiste e l’azienda quindi non la prende in considerazione. Allora perché – in caso di convenienza alla rivalutazione – non lasciare “inaffrancata” la riserva? Certo, sapremo che non la possiamo distribuire altrimenti si devono pagare tasse. La teniamo lì… non la utilizziamo (se non per coprire perdite…), come se non l’avessimo. Ma nel frattempo godiamo dei risparmi fiscali concessi dalla legge sulla rivalutazione.

 

Vediamo uno schema riassuntivo:

schema riassuntivo della convenienza o meno della rivalutazione dei beni d'impresa

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