Anche l’impresa in concordato preventivo può partecipare all’appalto pubblico

il consiglio di Stato con una innovativa e recente sentenza ha affermato che anche l’impresa in concordato preventivo può partecipare ad un appalto pubblico se rispetta determinate condizioni; si tratta di un tema molto attuale visto che molte aziende hanno iniziato procedure di concordato

Il Consiglio di Stato con l’innovativa sentenza n. 6272, depositata in segreteria il 27 dicembre 2013, ha affermato che è consentito partecipare alla gara d’appalto, secondo le disposizioni contenute nel D.Lgs. 163/2006 , ad un impresa che abbia fatto richiesta di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, fermo restando che:

  • presenti i documenti di conformità del piano e, a condizione;

  • che un’altra ditta metta a disposizione i requisiti e le risorse necessarie per l’esecuzione dell’appalto.

Il contenzioso amministrativo nasce quando la Regione Friuli-Venezia Giulia aveva inviato ad un cospicuo numero di imprese l’invito per partecipare ad una gara a procedura negoziata. L’aggiudicazione dei lavori sarebbe avvenuta con il criterio del massimo ribasso ai sensi dell’art. 82, c. 3, del D.Lgs. n. 163 del 2006 (cd. Codice dei contratti pubblici) e con applicazione dell’istituto dell’esclusione automatica delle offerte anomale (art. 86, c. 1 e art. 122, c. 9 , del citato Codice dei contratti pubblici).

L’istituto del concordato preventivo

A livello giudiziale, esistono due procedure di risanamento che possono consentire di evitare il fallimento all’impresa; si tratta, più precisamente:

  • dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ;

  • del concordato preventivo.

In queste due procedure si può formalizzare anche una transazione fiscale con l’Amministrazione finanziaria, secondo le disposizioni di cui all’art. 182-ter della L.F.

Il concordato preventivo, previsto dagli artt. 160 e seguenti della L.F., è una procedura concorsuale che interviene tra l’imprenditore e i propri creditori per estinguere i propri debiti attraverso la presentazione di un piano particolareggiato. L’imprenditore che intenda ricorrere a questa procedura deve presentare istanza al Tribunale competente, ai sensi dell’art. 161 della L.F., presentando una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa. La proposta di concordato preventivo può pervenire anche dall’imprenditore in stato di crisi e non necessariamente in stato di insolvenza. Il concordato preventivo è una procedura piuttosto flessibile, che si sostanzia con una proposta (o piano) di vario e ampio contenuto, redatta ai sensi dell’art. 161 della L.F., proveniente dall’imprenditore, che può essere accettata oppure respinta dai creditori attraverso una votazione finale (ex art. 177 della L.F.).

Il concordato preventivo con continuità aziendale mira, a salvaguardare la prosecuzione dell’attività imprenditoriale e ha delle similitudini con il precedente istituto dell’amministrazione controllata, abrogato dalla riforma della legge fallimentare (ex art. 147 del D.Lgs. n. 5/2006), che era diretta a superare stati di crisi delle imprese temporanei e reversibili. Il piano concordatario può, infatti, prevedere la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore; in tal caso si applica l’art. 186-bis della L.F., aggiunto dall’art. 33, comma 1, lettera h), D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134.

Le disposizioni di tale articolo si applicano, in quanto compatibili con gli artt. 160 e seguenti della legge fallimentare; inoltre, il predetto art. 186-bis della L.F. ricomprende anche l’ipotesi di cessione dell’azienda in esercizio ovvero di conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione.

Il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa.

Cosa afferma il Codice dei contratti pubblici in materia di concordato preventivo

Occorre preliminarmente rilevare, che la normativa di riferimento, oggetto del contenzioso amministrativo, è contenuta nell’art. 38, comma 1, del Codice dei contratti pubblici, come modificato dall’art. 33, comma 2, legge n. 134 del 2012, che nella formulazione vigente dispone “Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: a) che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all’art. 186 bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni…”.

Il ricorso

Una società partecipante alla procedura negoziata era ricorsa al TAR, a seguito dell’aggiudicazione di un appalto avvenuta nei confronti di una SRL, ritenendo illegittima l’ammissione alla gara di un’altra SRL, malgrado fosse carente del requisito generale di cui all’art. 38, comma 1, lettera a), del Codice dei contratti pubblici; nel ricorso chiedeva l’esclusione dalla gara della SRL che, avendo chiesto l’attivazione della procedura di concordato preventivo il giorno dopo la presentazione dell’offerta, era carente del requisito suindicato; contestualmente chiedeva l’aggiudicazione in proprio favore, risultando la migliore offerta una volta che fosse stata rideterminata la soglia dell’anomalia.

Il TAR respingeva il ricorso sia “per l’inidoneità della questione sollevata a riverberarsi sull’esito della gara, stante l’intervenuta cristallizzazione delle operazioni matematiche che hanno condotto alla individuazione della soglia di anomalia”, sia perché la dedotta causa di esclusione sarebbe intervenuta dopo la presentazione della domanda di partecipazione; pertanto quanto autocertificato dalla ditta alla data di presentazione dell’offerta corrisponderebbe alla esatta realtà.

Avverso la sentenza sfavorevole del Tar, la società si è appellata al Consiglio di Stato.

La sentenza del Consiglio di Stato

Secondo la società ricorrente, la causa ostativa alla partecipazione alla gara della SRL sarebbe individuata nella richiesta di una SRL presentata per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, di cui all’art. 186-bis della legge fallimentare (regio decreto n. 267 del 1942).

Tale deposito, a detta della società ricorrente, avrebbe determinato, in capo alla SRL, il venir meno del requisito di cui al citato art. 38, c. 1, lett. a, del Codice dei contratti pubblici e, pertanto, la sua offerta presentata per l’appalto di cui è causa non avrebbe potuto concorrere a determinare la media, secondo quanto previsto dall’art. 86, c. 1, del Codice dei contratti pubblici, ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto.

Per i giudici del Consiglio di Stato la censura è infondata e, di conseguenza, il ricorso va respinto.

La decisione del Consiglio di Stato

Per i giudici di Palazzo Spada l’ammissione al concordato da parte di un impresa non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l’impresa stessa presenta in gara:

a) una relazione di un professionista abilitato che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto;

b) la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica, nonché di certificazione, richiesti per l’affidamento dell’appalto, il quale si impegni nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione per la durata del contratto, le risorse necessarie all’esecuzione dell’appalto e a subentrare all’impresa ausiliata nel caso in cui questa fallisca nel corso della gara ovvero dopo la stipulazione del contratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all’appalto.

Dunque, alla luce delle finalità della legge di riforma della legge fallimentare che ha quale obiettivo quello di guidare l’impresa oltre la crisi e ciò nell’interesse anche del mercato e degli stessi creditori, non trova spazio l’interpretazione dell’art. 38 del Codice dei contratti pubblici prospettata dalla società ricorrente che vorrebbe l’esclusione dalla gara di un’impresa che abbia presentato domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, in base ad un’interpretazione estensiva della norma e ad un asserito effetto retroattivo della domanda di ammissione al concordato preventivo, ovvero a tempo antecedente la presentazione dell’istanza di ammissione (nel caso in esame l’offerta è stata presentata dalla società prima che fosse presentata la domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale).

Per il Consiglio di Stato vietare all’impresa di partecipare alle gare per affidamento dei pubblici contratti nelle more tra il deposito della domanda e l’ammissione al concordato (periodo che potrebbe protrarsi anche per un semestre) chiaramente confligge con la finalità della norma volta a preservare la capacità dell’impresa a soddisfare al meglio i creditori attraverso l’acquisizione di nuovi appalti.

In realtà il punto di equilibrio tra la previsione dell’art. 38, comma 1, lett. a) del Codice dei contratti pubblici e l’art. 186-bis della legge fallimentare va individuato nella possibilità dell’azienda in crisi che abbia chiesto l’ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale di concorrere alle gare e di acquisire le relative commesse, solo se in grado di fornire, qualora risulti aggiudicataria, ma comunque entro il momento dell’aggiudicazione definitiva, la documentazione prevista dall’art. 186-bis, comma 4, della Legge Fallimentare.

Per il Consiglio di Stato alla luce della disamina fatta l’appello deve essere respinto; per la novità delle questioni affrontate , tuttavia, è disposta la compensazione delle spese di giudizio.

31 marzo 2014

Federico Gavioli