La notifica degli avvisi di pagamento dell'agenzia, tanti dubbi sugli oneri detraibili, l'IVIE per le multiproprietà estere…

…le comunicazioni all’Enea per i bonus fiscali… le praticissime risposte ai quesiti del dottor Antonio Gigliotti per affrontare i casi pratici della vita professionale

QUESITO N. 1: Ivie e immobili in multiproprietà

Un contribuente residente in Italia ha una multiproprietà in Francia. Valore complessivo euro 26.500,00 al 50% con la moglie. Nel quadro RW viene indicato l’importo di euro 13.250,00 sia per il marito che per la moglie. Per quanto riguarda il quadro RM, è dovuta la compilazione del quadro, atteso che l’imposta dovuta è pari a euro 101,00 per ciascuno. È dovuta l’IVIE per la multiproprietà?

RISPOSTA

Anche la multiproprietà è soggetta a IVIE. Per comprendere meglio la questione è opportuno effettuare una distinzione tra multiproprietà azionaria e immobiliare.

Nella multiproprietà azionaria la titolarità dell’edificio appartiene a una società che è dunque il soggetto passivo dell’Imu. In quella immobiliare, invece, i multiproprietari sono comproprietari del fabbricato per quota millesimale e disciplinano il godimento turnario delle unità immobiliari che compongono l’edificio.

Ai fini IMU o IVIE i soggetti tenuti al versamento sono i multiproprietari, ciascuno di essi in ragione della propria quota millesimale di comproprietà di tutte le unità immobiliari che compongono l’edificio. Sono persone fisiche e in quanto tali soggette a IVIE.

Nel caso della multiproprietà azionaria, questo non avviene, in quanto le società non sono mai soggette passive ai fini IVIE.

Ai sensi dell’articolo 19, comma 14 del D.L. 201/2011 (così come modificato dalla Legge 214/2011 e dalla Legge di Stabilità 2013) l’imposta patrimoniale sugli immobili detenuti all’estero è dovuta dal proprietario ovvero dal titolare di altro diritto reale, qualora quest’ultimo sia fiscalmente residente in Italia. Nel caso della multiproprietà immobiliare i multiproprietari singoli sono tenuti al versamento.

La questione legata a chi effettua, nella pratica, il versamento dell’IMU o IVIE, poco conta, in quanto per facilitare l’obbligo la Legge 388/2000, applicabile anche alla multiproprietà, ha sancito che il versamento è effettuato dall’amministratore del condominio o della comunione.

Nel caso esposto la soglia dei 200 euro non sospende il pagamento dell’imposta, in quanto il totale supera il limite di 200 euro totali per immobile (202 euro).

QUESITO N. 2: Asilo nido e figlio non a carico

È possibile detrarre la retta sostenuta per l’asilo nido della figlia che, nel 2012, era però a carico dell’altro coniuge al 100%? Tale richiesta deriva dal fatto che le ricevute del nido sono a nome del coniuge che non aveva il figlio a carico.

RISPOSTA

A partire dall’anno di imposta 2006 è prevista la detrazione dall’imposta lorda, nella misura del 19%, per le spese documentate sostenute dai genitori per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido, per un importo complessivamente non superiore a 632 euro annui per ogni figlio ospitato in quelle strutture.

Al riguardo si ricorda che la Circolare 13 febbraio 206 n. 6 osserva come il comma 355 faccia riferimento agli asili nido in generale, senza alcun rinvio alla legislazione di settore e senza indicare una particolare tipologia di struttura scolastica.

L’agevolazione in sostanza, è ugualmente ammissibile per la frequenza sia di asili nido pubblici che di asili privati.

Ai fini del beneficio, la norma non fa alcun riferimento alla circostanza che il figlio sia fiscalmente a carico. Tuttavia, in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi, il codice fiscale della bambina va comunque indicato nel prospetto dei familiari a carico, scrivendo “0” nella colonna 7 (“percentuale”), in quanto la detrazione per figlio a carico è richiesta per intero dall’altro genitore.

QUESITO N. 3: Avvisi di pagamento – Notifica per posta, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento

È corretta la procedura dell’Agenzia delle Entrate che notifica mediante raccomandata A/r un invito di pagamento concernente gli arretrati di stipendio relativi ad anni precedenti corrisposti da un istituto di credito?

RISPOSTA

La risposta è affermativa. I redditi soggetti a tassazione separata non devono essere dichiarati né assoggetti ad autotassazione, ove corrisposti da soggetti tenuti a effettuare le ritenute d’acconto (come, ad esempio, una banca).

Ed è proprio sulla scorta della dichiarazione presentata dal sostituto d’imposta che l’Agenzia delle Entrate effettua il conguaglio dell’imposta dovuta, sulla base dell’IRPEF liquidata sul reddito medio del biennio precedente e delle ritenute subite.

L’esito dell’attività di liquidazione deve poi essere comunicato mediante raccomandata con avviso di ricevimento all’interessato, il quale ha trenta giorni di tempo per il pagamento della relativa imposta. Decorso inutilmente tale termine, l’Ufficio finanziario procede all’iscrizione a ruolo delle somme non versate, con l’applicazione degli interessi e della sanzione, a sensi dell’articolo 1, comma 412, Legge n. 311 del 2004.

Poiché la comunicazione in parola avviene a mente dell’articolo 14 della Legge n. 890 del 1982, ossia per il tramite di una raccomandata ordinaria, senza alcuna ulteriore informazione al destinatario ad opera dell’agente postale, non è da escludere che il contribuente si trovi nella spiacevole situazione di non avere notizia della missiva, perché magari assente dal suo domicilio.

Di norma il postino lascia un avviso, ma se questo non è ricevuto per un qualsivoglia caso fortuito la notifica dell’invito di pagamento resta comunque valida. Né l’assenza momentanea del destinatario implica la ripetizione della comunicazione. Sicché esiste il rischio concreto di ricevere una cartella esattoriale con un conguaglio aumentato dagli interessi e dalle sanzioni per omesso versamento (30%), oltre aggi esattoriali, anche nel caso in cui si sia in totale buona fede, in quanto ignari dell’invito di pagamento prodromico.

Insomma, il procedimento notificatorio affidato al solo invio di una raccomandata con avviso di ricevimento, da parte dell’Ufficio finanziario, per quanto corretto dal punto di vista delle diposizioni che lo regolano (art. 14 Legge n. 890 del 1982), non garantisce affatto l’effettiva conoscenza degli atti destinati al contribuente. Ciò sembra contrastare con lo Statuto dei diritti del contribuente e, segnatamente, con l’articolo 6, primo comma, della Legge n. 212 del 2000.

QUESITO N. 4: Scuola omologa italiana

Per la frequenza della scuola alberghiera in Austria, vengono sostenute delle spese relative alla prima rata della retta (circa 700 euro), e più 1.400 euro circa per l’abbigliamento necessario (uniformi, scarpe…). La spesa relativa all’abbigliamento è deducibile, oppure no? Da dove si ricava il limite massimo di spesa deducibile, visto che nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione dei redditi si rimanda a una cifra in misura non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi degli istituti italiani?

RISPOSTA

Per spese di istruzione si devono intendere quelle di natura amministrativa, quali tasse e contributi, che danno diritto alla frequenza del corso scolastico/accademico. Si ritiene che ai fini della detrazione di cui alla lettera e, comma 1, articolo 15 Tuir, non possano essere prese in considerazione quelle finalizzate all’acquisto di attrezzature e/o abbigliamento tecnico. L’entità della spesa detraibile sostenuta all’estero va quantificata in misura non superiore a quella che lo studente avrebbe sostenuto presso un istituto statale italiano, presente nelle vicinanze della propria residenza, con analoghe o similari caratteristiche di insegnamento. Nel modello Unico tali spese dovranno essere indicate nel Rigo RP13 – Spese di istruzione. Bisognerà indicare l’importo delle spese per la frequenza di corsi di istruzione secondaria, universitaria, di perfezionamento e/o di specializzazione universitaria, tenuti presso università o istituti pubblici o privati, italiani o stranieri.

Le spese possono riferirsi anche a più anni, compresa l’iscrizione fuori corso, e per gli istituti o università privati e stranieri non devono essere superiori a quelle delle tasse e contributi degli istituti statali italiani. Nel presente rigo vanno comprese anche le spese indicate con il codice 13 nelle annotazioni del CUD.

QUESITO N. 5: Mancata comunicazione all’Enea di fine lavori

Non è stata inviata la comunicazione di fine lavori all’Enea entro i 90 giorni. Sono già passati dei mesi. È possibile rimettere in bonis il tutto? Eventuali conseguenze?

RISPOSTA

Per i lavori sul risparmio energetico, entro 90 giorni dalla fine lavori, va inviata la scheda informativa relativa agli interventi realizzati all’Enea.

Va poi conservata, in caso di richiesta dell’Ufficio, la ricevuta dell’avvenuta trasmissione che il sistema informatico dell’Enea invia al mittente contestualmente alla corretta ricezione della pratica.

La mancata presentazione della comunicazione comporta la decadenza dal beneficio.

Con la circolare 13/2013 l’Agenzia ha chiarito che è applicabile la remissione in bonis a tale violazione. Il contribuente, dunque, può inviare la comunicazione omessa entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile e contestualmente versare la sanzione di 258 euro, garantendosi così il diritto al beneficio.

Oggi grazie alla remissione in bonis, la detrazione per lavori eseguiti nel 2013 spetta comunque, in caso di omissione, a patto che entro il 30 settembre 2014 venga effettuato l’adempimento omesso e venga pagata la sanzione di 258 euro (in F24 con il codice tributo 8114, ma senza compensazione).

Così per il 2012 andava presentata la dichiarazione e pagata la sanzione entro il 30.09.2013.

La remissione in bonis è stata introdotta dal 2 marzo 2012 dall’articolo 2, comma 1, D.L. 16/2012 (semplificazioni fiscali). Possono essere sanati solo gli adempimenti e le comunicazioni indispensabili per fruire di benefici di natura fiscale o per accedere a regimi fiscali opzionali. Questi devono essere subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione o ad altro adempimento formale.

Come precisato dalle Entrate nella circolare 28 settembre 2012, n. 38/E, paragrafo 3.1, tanto l’obbligo di comunicazione quanto l’adempimento formale devono essere previsti, pena la decadenza dal beneficio, o dal regime opzionale.

Per l’omessa comunicazione all’Enea, la remissione in bonis è applicabile, almeno secondo quanto indicato dalla risposta alla Faq n. 70 dell’Enea. Va ricordato che il far rientrare l’omessa comunicazione all’Enea tra gli adempimenti sanabili con la remissione in bonis vuol dire affermare che il suo mancato invio (senza la sanatoria nei termini), comporta la decadenza irrevocabile dell’agevolazione. Conclusione già nota, ma mai sancita in maniera diretta dalle Entrate.

L’omesso invio dei documenti all’Enea, quindi, poteva essere sanato entro il 30 settembre 2013 per i lavori ultimati nel 2012, per i quali la scadenza dei 90 giorni per la spedizione è avvenuta dopo il 1° ottobre 2012.

Non potevano essere sanabili le omesse comunicazioni all’Enea relative ai lavori ultimati fino al 3 luglio 2012, in quanto la norma impone che venga effettuata la comunicazione richiesta (o eseguito l’adempimento) entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile (articolo 2, comma 1, D.L. 16/2012), da intendersi come la prima dichiarazione dei redditi il cui termine di presentazione scade successivamente al termine previsto per effettuare la comunicazione o eseguire l’adempimento stesso (circolare 28 settembre 2012, n. 38/E, paragrafo 1.2).

Per i lavori eseguiti nel 2013 spetta comunque, in caso di omissione, a patto che entro il 30 settembre 2014 venga inviata la comunicazione e venga pagata la sanzione di 258 euro (in F24 con il codice tributo 8114, ma senza compensazione).

16 dicembre 2013

Antonio Gigliotti