Esclusione da IRAP: sono possibili due esiti diversi per due diversi periodi d'imposta?

analisi di un particolare caso giurisprudenziale: un professionista può essere considerato soggetto ad IRAP ed escluso da IRAP per due periodi d’imposta diversi, anche se le condizioni di esercizio dell’attività sono similari?

Con la sentenza n. 22941 del 9 ottobre 2013 (ud. 19 settembre 2013) la Corte Suprema di Cassazione torna ad occuparsi di giudicato esterno.

 

Il fatto

La questione concerne la legittimità della cartella di pagamento relativa all’Irap per l’anno 2002, dove la CTR aveva ritenuto che il professionista/avvocato non era in grado di svolgere da solo la sua attività e pertanto necessariamente dotato di autonoma organizzazione.

Il contribuente, davanti la Corte di Cassazione, eccepisce la formazione del giudicato esterno, successivo alla sentenza di appello contestata, essendo stata accertata dalla CTR di Bologna, con sentenza divenuta definiva, l’inesistenza in capo al medesimo ricorrente di autonoma organizzazione, con conseguente non assoggettabilità del medesimo all’Irap in ordine all’anno di imposta 2003.

 

La sentenza

La Corte rileva che, preliminarmente, va esaminato il motivo relativo alla formazione del giudicato esterno “che pone la tematica del rapporto fra due procedimenti, diretto a stabilire se, ed entro quali limiti, la decisione emessa nel primo precluda nel secondo la facoltà della parte di dedurre determinate questioni e correlativamente (a seguito di opportuna eccezione, ove si tratti di giudicato esterno) l’esercizio del potere cognitivo del giudice”.

Per i giudici del Palazzaccio “il giudicato relativo ad un singolo periodo di imposta non è idoneo a far stato per i successivi o i precedenti in via generalizzata ed aspecifica. Simile efficacia va infatti riconosciuta solo a quelle situazioni relative a ‘qualificazioni giuridiche’ o ad altri eventuali ‘elementi preliminari’ rispetto ai quali possa dirsi sussistente un interesse protetto avente carattere di durevolezza nel tempo, non estendendosi a tutti i punti che costituiscono antecedente logico della decisione ed in particolare alla valutazione delle prove ed alla ricostruzione dei fatti. E questo perchè il giudicato incentra la sua potenziale capacità espansiva in funzione regolamentare solo su quegli elementi che abbiano un valore ‘condizionante’ inderogabile sulla disciplina degli altri elementi della fattispecie esaminata, con la conseguenza che la sentenza che risolva una situazione fattuale in uno specifico periodo di imposta non può estendere i suoi effetti automaticamente ad altro ancorchè siano coinvolti tratti storici comuni (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18907 del 16/09/2011; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20029 del 30/09/2011)”.

Nel caso specifico, quindi, la Corte esclude “l’efficacia esterna di un giudicato relativo ad un periodo di imposta Irap in una controversia riguardante una diversa annualità, sul presupposto che l’accertamento erano fondati su fatti non necessariamente comuni”.

 

Brevi note giurisprudenziali

Sul punto, va registrata una pronuncia della Corte di Cassazione: la sentenza n. 2438 del 5 febbraio 2007. La Corte, pur prendendo atto del principio statuito a sezioni unite (sentenza n. 13916 del 13 giugno 2006), secondo cui “qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento … compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo“, e che “tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi di imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso … si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo … e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente”, afferma che, nella specie, “l’anticipata ininfluenza dell’addotto giudicato (esterno) sulla presente fattispecie discende dal rilievo che questa ha ad oggetto un rapporto giuridico che, quando anche accertato nel corso delle medesime indagini (in specie, in base alle stesse risultanze dei movimenti bancari fiscalmente non giustificati, pure considerate dall’altro giudice), è del tutto diverso da quello deciso con la detta sentenza passata in cosa giudicata in quanto la presente controversia concerne imposte (Irpeg-Ilor) strutturalmente ed oggettivamente differenti dall’imposta sul valore aggiunto (Iva) sulla quale ha statuito quella decisione. Nell’ambito concettuale (e, quindi, nomofilattico) della (portata innovativa della) pronuncia delle Sezioni Unite richiamata all’inizio, invero, l’accertamento dell’inesistenza di qualsivoglia rapporto giuridico rilevante tra le due fattispecie impone, per coerenza sistematica, di trarre le logiche conseguenze dall’autonomia dei singoli periodi di ciascuna imposta positivamente sancita (expressis verbis) dal legislatore e di tenere conto della sostanziale, ontologica differenza giuridica esistente tra imposte diverse in ogni ipotesi di inesistenza (come nella specie) di un vincolo giuridico tra le stesse: si consideri, per quanto interessa la fattispecie in esame, che la mancanza di certezza della riferibilità delle movimentazioni bancarie ad operazioni imponibili del professionista (essendosi soltanto il sospetto, giustificato, di tale appartenenza), affermata dal giudice nella sentenza passata in cosa giudicata, è comunque limitata alle operazioni imponibili, le sole rilevanti ai fini dell’Iva, per cui la stessa non contiene (né poteva contenere, considerato l’ambito oggettivo di quel processo) nessun accertamento anche in ordine all’eventuale non riferibilità di quelle stesse movimentazioni bancarie a ricavi, ovverosia ad elementi aventi rilievo ai fini della determinazione del reddito imponibile del contribuente”.

Ed ancora, con la sentenza n. 6913 del 25 marzo 2011 (ud. del 4 gennaio 2011) la Corte di Cassazione ha confermato che il principio di autonomia e separazione degli atti impositivi rende irrilevante la mancata opposizione e conseguente definitività di un avviso di accertamento (ai fini delle imposte dirette) in relazione alla fondatezza di altro e diverso avviso, ai fini Iva, il quale può sì trarre dai medesimi fatti le ragioni della rettifica, sempre che ne permanga inalterata l’efficacia probatoria nel contesto del presupposto impositivo dell’altro tributo. Per la Corte, “il principio della autonomia degli atti di accertamento per imposte diverse la intervenuta definitività di uno di essi per mancanza di opposizione è irrilevante in ordine alla fondatezza o meno dell’altro, non essendo tale caratteristica equiparabile ad un giudicato, anche parziale e limitato ad un presupposto di fatto comune ad entrambi. È invece ovvio che elementi probatori e presuntivi tratti da un accertamento possano essere richiamati in un accertamento diverso, ma in questo valgono in quanto gli elementi richiamati siano concretamente idonei a svolgere anche in tale sede valore di prova; in tal caso, tuttavia, detti elementi, ove giudizialmente contestati, devono essere separatamente esaminati e criticamente valutati sotto tale profilo dal giudice del merito ”.

Con la sentenza n. 14058 del 3 agosto 2012 (ud. 20 giugno 2012) la Corte di Cassazione ha di fatto fissato regole e paletti per il giudicato esterno.Questa Corte ha, già, affermato il principio secondo cui in caso d’impugnazione separata di distinti avvisi di accertamento, emessi rispettivamente ai fini dell’IVA e delle imposte sui redditi, con cui l’Amministrazione finanziaria abbia fatto valere l’inesistenza soggettiva di operazioni commerciali, la sentenza emessa in uno dei giudizi non spiega efficacia di giudicato nell’altro, in quanto la problematica relativa alla detraibilità dell’IVA può anche risolversi secondo criteri di fatto diversi da quelli riguardanti la deducibilità dei costi dalla base imponibile delle imposte sui redditi (Cass. n. 25200 del 2009; n. 15396 del 2008 e 16816 del 2008)”. Inoltre, richiamando precedenti pronunce, la Corte ha precisato che “il giudicato relativo ad un singolo periodo d’imposta non è idoneo a far stato in quelli antecedenti o successivi”, se non limitatamente a “qualificazioni giuridiche” o ad altri eventuali “elementi preliminari” aventi carattere di durevolezza nel tempo, “non estendendosi detto vincolo a tutti i punti che costituiscono antecedente logico della decisione, ed in particolare alla valutazione delle prove ed alla ricostruzione dei fatti” (così Cass. n. 13897 del 2008 citata dalla ricorrente, ed, in generale, Cass. SU n. 13916 del 2006, e Cass. n. 1198 del 2011 in motivazione).In estrema sintesi i punti fissati dalla Corte in tale importante pronunciamento sono i seguenti:in caso d’impugnazione separata di distinti avvisi di accertamento, emessi rispettivamente ai fini dell’IVA e delle imposte sui redditi, la sentenza emessa in uno dei giudizi non spiega efficacia di giudicato nell’altro;una lite può dirsi coperta dall’efficacia del giudicato di una precedente sentenza, resa tra le stesse parti, solo quando il giudizio introdotto per il secondo investa il medesimo rapporto giuridico che ha formato oggetto del primo; l’efficacia oggettiva del giudicato non può mai investire singole questioni di fatto o di diritto;il giudicato relativo ad un singolo periodo d’imposta non è idoneo a far stato in quelli antecedenti o successivi;il giudicato, ai fini sia delle imposte sui redditi che dell’IVA, formatosi nei confronti di un soggetto non spiega alcuna efficacia nei confronti di soggetti diversi.

 

20 novembre 2013

Roberta De Marchi