Assegnazione di beni ai soci per scioglimento di società: imposte sui redditi, IVA, registro

Capita spesso nella pratica professionale di procedere a scioglimenti di società oramai non più funzionanti e divenute per questo solo fonte di costi fissi improduttivi.

Analisi del caso particolare in cui una società si sciolga e assegni ai propri soci le quote di una Sas.

N.d.R.: nel 2023 è stata riproposta la norma che consente l’assegnazione agevolata dei beni ai soci, vedi: Assegnazione agevolata dei beni ai soci, in pratica

Gestire lo scioglimento di società – Premessa

gestione fiscale assegnazione beni ai sociCapita spesso nella pratica professionale di procedere a scioglimenti di società oramai non più funzionanti e divenute per questo solo fonte di costi fissi improduttivi.

La normativa sugli studi di settore e sulle società di comodo impone spesso di assumere decisioni veloci in merito a questi organismi per evitare di trovarsi “imbrigliati” in accertamenti di non facile gestione.

Tuttavia le società detengono con facilità alcuni beni che devono essere assegnati ai soci nel caso in cui non siano ceduti a terzi.

Infatti l’assegnazione di beni ai soci è la tipica operazione che le società in liquidazione usano, soprattutto quando non riescono a vendere a terzi i beni sociali: una situazione purtroppo oggi molto frequente.

L’assegnazione di beni consiste nell’attribuire al socio un valore in natura anziché in denaro, con precisi riflessi sia per l’impresa assegnante sia per il socio assegnatario, che devono applicare le normative fiscali a riguardo.

Nel caso in cui l’assegnazione riguardi quote di partecipazioni iscritte nel bilancio di una S.a.s. fra le immobilizzazioni finanziarie occorre dunque considerare le implicazioni sia sotto il profilo delle imposte dirette che di quelle indirette.

 

L’assegnazione di beni ai soci e le imposte sui redditi

L‘assegnazione di beni ai soci è configurabile esclusivamente con riferimento alle imprese esercitate in forma societaria.

Essa si concretizza in un fenomeno traslativo del diritto di proprietà dei beni facenti parte del patrimonio della società, a favore dei soci della stessa.

Si tratta, quindi, di un sostanziale mutamento della titolarità dei beni dell’impresa, che può dipendere dall’erogazione di utili in natura ovvero dalla riduzione del capitale esuberante o ancora dalla liquidazione e scioglimento della società o dal recesso del socio.

Pertanto, a fronte dell’estromissione dei beni dal patrimonio della società, nell’assegnazione si determina alternativamente una riduzione delle passività ovvero una riduzione del patrimonio netto.

La particolare natura che caratterizza l’operazione ha indotto la dottrina ad interrogarsi sulla sua gratuità ovvero onerosità.

In particolare parte della dottrina ha intravisto nell’assegnazione di beni ai soci la conclusione di un atto a titolo oneroso, che però non è caratterizzato dal requisito della corrispettività.

Altra parte della dottrina ha invece posto in evidenza come nella fattispecie in discorso, il trasferimento di proprietà dei beni dalla società ai soci, avviene senza che a ciò faccia riscontro alcuna specifica prestazione a carico degli stessi. Effettivamente la società non riceve alcuna contropartita che in qualche modo sia finalizzata a compensarla della decurtazione patrimoniale subita.

Gli artt. 57 e 85 c. 2 del TUIR disciplinano la rilevanza fiscale dei beni relativi all’impresa, nelle ipotesi in cui gli stessi vengano destinati dall’imprenditore a finalità estranee all’esercizio di impresa.

In particolare, i beni elencati all’art. 85 c. 1 del TUIR generano ricavi anche se sono oggetto dei seguenti trasferimenti a titolo gratuito:

  • destinazione al consumo personale o familiare dell’imprenditore (per gli imprenditori individuali);
  • assegnazione ai soci (per gli imprenditori organizzati in forma societaria)
  • destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

 

Attenzione: nelle cessioni gratuite la mancanza di un corrispettivo in denaro fa sì che la tassazione debba fare riferimento al “valore normale” del bene.

 

L’ambito applicativo degli artt. 57 e 85 c. 2 del TUIR è circoscritto ai beni relativi all’impresa produttivi di ricavi, che vengono estromessi dal regime d’impresa mediante operazioni, effettuate a titolo gratuito, riconducibili al più ampio concetto di “destinazioni non imprenditoriali”.

Va notato che non tutte le cessioni a titolo gratuito rilevano fiscalmente quali ricavi, in quanto l’art. 85 c. 2 del TUIR attrae a tassazione solo le tre fattispecie, sopra elencate, che implicano il mutamento dell’originaria funzione economica dei beni (da finalità “aziendali” a finalità “extra aziendali”).

La determinazione dei ricavi al valore normale può essere effettuata soltanto per i trasferimenti di beni e non anche per le prestazioni di servizi, dal momento che il comma 2 dell’art. 85 del TUIR fa esclusivo riferimento ai “beni” di cui al precedente comma 1.

L’assegnazione è un istituto che trova fondamento ogniqualvolta, nei confronti del socio, si verifichino alcune modifiche nel rapporto sociale a seguito dell’attribuzione di uno o più beni.

 

L’assegnazione dei beni viene a configurarsi nelle seguenti fattispecie

(C.M. 21.5.99 n. 112/E, cap. I, Parte I):

  • restituzione di capitale o di riserve di capitale;

  • distribuzione di utili o di riserve di utili;

  • recesso del socio;

  • riduzione facoltativa del capitale sociale;

  • liquidazione della società.

 

Come noto ai beni che accedono al sistema del reddito di impresa è riconosciuto un costo fiscale che consente di quantificare il loro apporto nell’economia della gestione dell’impresa. Al momento della fuoriuscita dei beni in parola, gli stessi concorrono alla determinazione del risultato reddituale sotto forma di ricavi, plusvalenze ovvero sopravvenienze attive.

Deve darsi rilevo alla circostanza che il legislatore del TUIR si è preoccupato di sottoporre ad imposizione, in base al metodo di valorizzazione del valore normale, le plusvalenze ed i ricavi che emergono nei casi di assegnazione di beni, in quanto in tali ipotesi si verifica appunto una fuoriuscita dei beni dall’ambito del regime dell’impresa.

La finalità è chiaramente quella di evitare che beni entrati nel sistema del reddito di impresa, sfuggano alla tassazione al momento della loro fuoriuscita da tale sistema, per mezzo di atti non riconducibili alle ordinarie cessioni a titolo oneroso.

Tra i beni la cui dismissione genera un componente positivo rientrano anche le azioni o quote di partecipazione in società.

 

Nelle ipotesi in cui le partecipazioni oggetto dell’assegnazione ai soci siano iscritte nel bilancio della società assegnante, verificati i presupposti di tipo oggettivo e soggettivo necessari all’applicazione della disposizione de qua, la base imponibile da prendere in considerazione a titolo di plusvalenza è calcolata sulla differenza tra il valore della frazione del patrimonio netto delle partecipate, corrispondente alle quote possedute dalla società assegnante, valutato secondo il criterio del valore normale e il loro costo fiscalmente riconosciuto.

 

Nel caso in questione la società assegnante è di persone, e, come tale, applica il criterio di trasparenza nell’attribuzione ai soci degli utili tassabili, dunque il reddito che si forma in capo alla società per l’assegnazione è una plusvalenza da assegnazione, che concorre a formare il reddito complessivo di periodo che è attribuito al socio. Tassando l’utile da partecipazione, il socio non dovrà più rendere imponibile il dividendo in natura rappresentato dal bene ricevuto dalla società.

 

I riflessi dell’assegnazione di beni sull’IVA

Anche ai fini Iva la destinazione di beni o servizi all’uso o al consumo personale o familiare dell’imprenditore o ad altre finalità estranee all’esercizio dell’impresa, anche se determinata da cessazione dell’attività, e le assegnazioni di beni ai soci, effettuate a qualsiasi titolo da società di ogni tipo e oggetto, comporta l’individuazione della base imponibile sempre con il criterio del valore normale.

Il valore normale, nell’ambito Iva, viene individuato dall’art. 14, c. 3, del D.P.R. n. 633/1972, che sostanzialmente corrisponde alla nozione fornita dal legislatore fiscale con riferimento anche alle imposte sui redditi.

Anche la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che nella fattispecie in esame non vi è alcuna compravendita ma un semplice trasferimento di beni o servizi dall’attività imprenditoriale al consumo personale; non si ha in concreto, infatti, alcuna cessione (in tal senso si cita la sentenza della Corte di Cassazione n. 12322 del 24 maggio 2006) e, di conseguenza, l’Iva deve essere ragguagliata al valore normale del bene, così come stabilito dalla normativa fiscale.

Ove si riscontrino poi, in capo alla società cedente, delle sottofatturazioni, scatteranno i controlli e gli accertamenti fiscali del caso in conformità alle norme di legge vigenti, sia sul versante delle imposte dirette che sul fronte Iva

 

Nota bene: le assegnazioni di beni ai soci sono assimilate alla destinazione dei beni a finalità estranee all’esercizio dell’impresa e, quindi, costituiscono “cessioni di beni” soggette ad imposta sul valore aggiunto, a meno che non abbiano ad oggetto beni per i quali non è stata operata, all’atto dell’acquisto, la detrazione.
Rientrano tra i beni per i quali non è stata operata la detrazione anche quelli acquistati presso un privato o di provenienza dal patrimonio personale dell’imprenditore.

 

Nello specifico agli effetti dell’IVA dunque, costituiscono cessioni di beni anche

“le assegnazioni ai soci fatte a qualsiasi titolo da società di ogni tipo e oggetto nonché le assegnazioni o le analoghe operazioni fatte da altri enti privati o pubblici, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica”

(art. 2, c. 2, n. 6), D.P.R. n. 633/1972).

 

Ai sensi dell’art. 3, comma terzo (secondo periodo), D.P.R. n. 633/1972, le assegnazioni ai soci di cui al n. 6 dell’art. 2 sono considerate prestazioni di servizi quando hanno per oggetto:

  • concessioni di beni in locazione, affitto, noleggio e simili;
  • cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore, quelle relative ad invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili e quelle relative a marchi e insegne, nonché le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti o beni similari ai precedenti;
  • cessioni di contratti di ogni tipo e oggetto.

 

Sul tema ti segnaliamo anche: Assegnazione beni ai soci: la base imponibile IVA NON è il valore catastale.

 

Assegnazioni di beni ai soci – La prassi

Da quanto sopra, quindi, emerge che le assegnazioni ai soci da parte di società, essendo operazioni ricomprese nella definizione generale di “cessione di beni” o di “prestazione di servizi”,

“integrano il presupposto oggettivo di imponibilità ai fini dell’IVA, con la conseguente applicabilità, ai fini della determinazione dell’imposta, delle disposizioni previste per tali operazioni”
(C.M. n. 112/E del 21 maggio 1999, Parte III, par. 1)

e subiscono, conseguentemente, le esclusioni contenute nel terzo comma, dell’art. 2 e nel quarto comma dell’art. 3, i quali, come noto, considerano operazioni “fuori campo”, talune cessioni e prestazioni, quando hanno per oggetto determinati beni o servizi (per esempio, l’assegnazione al socio di un’azienda o di un ramo di azienda, non rientra nel campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 2, c. 3, lett. b, del D.P.R. n. 633/1972, come chiarito con R.M. n. 47/E del 3 aprile 2006 e sentenza di Cass., Sez. Trib., 16 febbraio 2007, n. 3671).

 

L’Amministrazione Finanziaria con la C.M. 40 del 13 maggio 2002 e alla R.M. n. 194/E del 17 giugno 2002 ha ulteriormente precisato che l’assegnazione di beni ai soci

“realizza un’ipotesi di destinazione a finalità estranee all’esercizio d’impresa da ricomprendere, unitamente all’autoconsumo, tra le fattispecie di cui all’art. 5, par. 6, della VI Direttiva IVA”.

 

L’assimilazione opera quale che sia la causa da cui trae origine l’assegnazione e cioè tanto se effettuata a titolo di distribuzione di utili, oppure a seguito di scioglimento o di liquidazione della società o in costanza del rapporto sociale (recesso del socio o altro).

Chiarito il principio generale della rilevanza ai fini IVA della destinazione dei beni ai soci occorre specificare che nel caso concreto di cui qui ci si occupa e dunque nell’ipotesi di assegnazione di quote sociali risulta applicabile il regime di esenzione iva ai sensi dell’art. 10 D.P.R. 633/72 c. 1 n. 4 D.P.R. n. 633/72.

Tale regime non comporta tuttavia alcuna problematica di rettifica alla detrazione IVA o di pro-rata.

 

Applicazione imposta di registro

Gli artt 5 e 40 del Testo Unico dell’Imposta di Registro (D.P.R. n. 131/1986) prevedono che per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggette all’imposta sul valore aggiunto la registrazione si rende obbligatoria solo in caso d’uso e, in caso di registrazione, tali atti scontano il tributo in misura fissa (euro 168,00) anziché proporzionale (c.d. “principio di alternatività IVA/Registro“).

A tali fini, si considerano soggette ad imposta sul valore aggiunto (imponibile, esente o non imponibile) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate, nel territorio dello Stato, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, comprese le operazioni escluse per carenza dell’elemento territoriale e le operazioni esenti;

L’art. 4, comma 1, lett. d), della Tariffa allegata al predetto testo Unico, stabilisce che alle assegnazioni ai soci, associati o partecipanti, effettuate sia durante lo svolgimento dell’attività sociale, sia al momento dello scioglimento della società e dunque della sua liquidazione, se soggette all’imposta sul valore aggiunto o aventi per oggetto utili in denaro, si applica l’imposta di registro nella misura fissa di 168,00 euro, mentre, in ogni altro caso, si applicano le stesse aliquote previste per i conferimenti in relazione alla diversa natura dei beni (R.M. 5 dicembre 2007, n. 353/E).

Ne deriva che, per la disciplina sopra esposta le assegnazioni di quote sociali, effettuate in esenzione IVA art. 10, c. 1, n. 4, D.P.R. n. 633/72 scontano imposta di registro in misura fissa € 168 (dall’1/1/2014 l’imposta passa al € 200).

 

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21 novembre 2014

Fabio Balestra