L’accertamento fiscale contro le società estinte

In seguito alla Riforma del diritto societario del 2003, il Fisco ha limitate possibilità di effettuare accertamenti contro società già cancellate dal registro delle imprese (Sara Serafini e Mario Agostinelli).

liquidazione d'aziendaL’estinzione delle società deve essere attuata con l’osservanza di un procedimento che assicuri, mediante il rispetto di una progressione di determinati atti, secondo un’ordinata sequenza, il perfezionamento della liquidazione del patrimonio sociale, mediante il realizzo delle attività e il pagamento delle passività, tra le quali anche i debiti fiscali.

Terminata la fase liquidatoria e a seguito dell’approvazione del bilancio finale di liquidazione, ai sensi dell’articolo 2495 co. 1 del c.c. e dell’articolo 2312 co. 1 del c.c., i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro imprese.1

Con la cancellazione dal registro delle imprese, la società è definitivamente estinta e tale regola trova applicazione sia per le società di persone che per le società di capitali.

La giurisprudenza consolidata ha rilevato che, la cancellazione dal registro delle imprese produce l’estinzione della società anche in presenza di debiti insoddisfatti o rapporti non definiti, e pertanto, il mancato pagamento di imposte già accertate ovvero la sopravvenuta sussistenza di maggiori imposte in seguito ad un accertamento, non determinano la cancellazione della cancellazione della società ormai, per tale fatto, estinta.

Tale conclusione vale sia per le società di persone che per le società di capitali, ancorché l’iscrizione della cancellazione per le prime ha natura dichiarativa mentre per le seconde ha natura costitutiva.

In sostanza, per le società di persone è attribuito un effetto espansivo alla natura dichiarativa della cancellazione proprio in forza dell’articolo 2495 del c.c. (che verrà trattato più diffusamente oltre).

Tanto premesso, si pone quindi la problematica del mancato pagamento delle imposte e delle procedure di riscossione ed accertamento attuabili dall’amministrazione finanziaria nei confronti delle società estinte.

Di fatti, se la giurisprudenza si è espressa numerose volte, fornendo una quadro interpretativo chiaro, con riferimento agli aspetti processuali e alle attività di riscossione per debiti di imposta non soddisfatti ma già esistenti alla data di cessazione della società, meno chiare appaiono le procedure di accertamento adottabili dall’amministrazione nei confronti dei soggetti estinti.

La potestà impositiva – riflessioni propedeutiche

Per affrontare con cognizione gli argomenti in trattazione appare utile precisare alcuni aspetti della potestà impositiva esercitabile dalle pubbliche amministrazioni.

Le attività di riscossione e le attività di accertamento sono espressione della potestà impositiva delle amministrazioni finanziarie.

In ragione di tale potestà impositiva, l’amministrazione (soggetto attivo del rapporto tributario) ha il potere/dovere di esprimere una pretesa tributaria, sulla base del presupposto impositivo (presupposto di fatto e ragione giuridica dell’imposta), senza ricorrere ad alcuna azione giudiziale.

Tale impostazione, appartenente al diritto amministrativo, è di assoluta rilevanza ai fini dell’individuazione delle procedure inerenti le attività di accertamento nei confronti delle società estinte.

La criticità che si vuole fare emergere è quella relativa alle ipotesi di verifica ed accertamento nei confronti di una società cancella e quindi estinta. Ci si deve chiedere in sostanza a chi potrà essere rivolta l’azione di accertamento quando la società è estinta.

Le disposizioni normative di riferimento

La tutela dell’esercizio della potestà impositiva, nei confronti dei soggetti estinti, è rimessa ed affidata alle norme “speciali” di cui all’articolo 36 del DPR 602/1973 e a quelle generali di cui agli articoli 2495 e 2312 del c.c..

Va subito precisato che, l’ambito applicativo delle norme contenute nei due articoli di legge sopra menzionati si sovrappongo, la dove l’articolo 36 del DPR 602/1973 opera esclusivamente con riferimento alle imposte dirette già accertate e quanto meno iscritte in ruoli provvisori alla data di cancellazione della società, mentre l’articolo 2495 del c.c. (così come l’articolo 2312 c.c.) disciplina, in un contesto molto più ampio, non solo i casi di omesso pagamento dei debiti di imposta accertati, ma anche dell’omesso pagamento dei debiti di imposta eventualmente sopravvenuti (ad esempio in esito ad un accertamento successivo alla cessazione della società).

Al di fuori del distinguo dell’ambito operativo di applicabilità, entrambe le disposizioni hanno in comune il presupposto giuridico secondo il quale l’amministrazione finanziaria ha ragione di pretendere il pagamento delle imposte da soggetto diverso dal soggetto passivo tributario, non in ragione di una successione o per la sussistenza di una coobbligazione nei debiti tributari, ma in ragione di una autonoma responsabilità sussidiaria che l’amministrazione può invocare solo una volta realizzatesi e provate le condizioni richieste dalle medesime disposizioni del codice civile.

Le azioni che l’amministrazione può esercitare nei confronti dei liquidatori, amministratori e soci della società estinta, sono azioni autonome di responsabilità che trovano causa in un’obbligazione ex lege che opera a determinate e precise condizioni.

In altre parole, con l’estinzione della società non si verifica una sostituzione o modificazione del soggetto passivo nel rapporto tributario, ma, a determinate condizioni, si perfeziona e genera una obbligazione personale del liquidatore, dell’amministratore o del socio dell’entità collettiva.

Il credito dell’amministrazione, che trova causa in tale responsabilità, non è un credito tributario ma un credito di natura civilistica avente titolo autonomo rispetto all’obbligazione fiscale della società che, in vero, costituisce uno dei presupposti della responsabilità stessa.

Le norme quindi fanno discendere la potestà impositiva esercitabile nei confronti dei soggetti terzi alla società estinta (liquidatore, amministratore ed ex soci) dall’accertamento del doppio presupposto:

  • Presupposto della pretesa tributaria originaria e afferente il rapporto tributario tra amministrazione e società non più esistente;
  • Presupposto dell’esercizio della pretesa nei confronti dei soggetti diversi dalla società estinta che opera in determinati limiti, ed alle condizioni che di seguito verranno trattate.

Art. 36 del DPR 600/73 – La responsabilità dei liquidatori e degli amministratori

responsabilità amministratore societàL’articolo 36 del DPR 600/73 prevede che, i liquidatori dei soggetti IRES (in giurisprudenza è pacifica l’applicazione anche alle società di persone), che non adempimento all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se soddisfano crediti di ordine inferiore a quelli tributari o assegnano beni ai soci o associati senza avere prima soddisfatto i crediti tributari.

All’ultimo periodo dello stesso primo comma è precisato che, tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti.

Come affermato in giurisprudenza (Cass. 12 maggio 2012 n. 7327) , la norma riconosce all’amministrazione una “azione di responsabilità” nei confronti dei liquidatori nel caso in cui questi abbia esaurito le disponibilità della liquidazione senza provvedere al loro pagamento.

Trattasi, come anche sopra anticipato, di un’obbligazione propria del liquidatore che opera al verificarsi di due precisi condizioni che devono essere provate dall’amministrazione finanziaria quando intende per tale norma procedere:

  • Che i crediti di imposta nei confronti della società possano essere posti in riscossione e che quindi siano iscritti quanto meno in ruoli provvisori;
  • Che sia acquisita legale certezza che i crediti tributari non siano stati pagati con le attività della liquidazione medesima.

Alle stesse conclusioni si deve giungere con riferimento alla responsabilità dell’amministratore prevista dai commi 3 e 5 dello stesso articolo 36 del DPR 602/73, i quali prevedono che, le disposizioni sopra esposte con riferimento ai liquidatori si applicano anche agli amministratori in carica all’atto di scioglimento della società se non si sia provveduto alla nomina del liquidatore2, ed inoltre che la responsabilità degli amministratori opera anche con riferimento agli atti compiuti, nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla formale messa in liquidazione, che si concretizzano in operazioni di liquidazione ovvero nel caso di occultamento di attività sociali anche mediante omissioni delle scritture contabili.

Come già precisato nel paragrafo precedente, il credito per la responsabilità degli amministratori e liquidatori è di natura civile che, tuttavia, proprio ai sensi dell’articolo 36 co. 6 e 7 del DPR 602/73, deve essere accertata dall’ufficio con atto motivato (atto impositivo motivato) da notificare ai sensi dell’art. 60 del DPR 600/73 e avverso il quale è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario.

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ART. 36 DEL DPR 602/73 – La responsabilità dei soci

responsabilità dei soci in caso di liquidazione d'azienda e cancellazione dal registro delle impreseIl terzo comma dell’articolo 36 del DPR 602/73 stabilisce che, i soci che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o hanno avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai soggetti di cui al primo comma nei limiti del valore dei beni stessi, salvo le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile.

In sostanza, l’amministrazione potrà agire in via sussidiaria nei confronti dei soci pro-quota salvo quanto previsto dall’articolo 2495 del c.c., il quale prevede che, dopo la cancellazione, i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino a concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione.3

In giurisprudenza si è affermato quindi il principio secondo il quale, la responsabilità dei soci per le obbligazioni fiscali non assolte dalla società è limitata alla parte da ciascuno di essi conseguita nella distribuzione dell’attivo nelle varie fasi.

Anche in questo caso, l’azione di responsabilità, di cui all’articolo 36 del DPR 602/73, esercitabile nei confronti dei soci, è subordinata ad una duplice condizioni:

  • Che i crediti di imposta nei confronti della società possano essere posti in riscossione e che quindi siano iscritti quanto mento in ruoli provvisori;
  • Che in concreto vi sia stata la distribuzione dell’attivo e che una quota sia stata assegnata ai soci ed in generale che tale attribuzione patrimoniale sia avvenuta con contestuale omesso pagamento delle imposte.

Per quanto alla natura del credito dell’amministrazione finanziaria che trova causa nella responsabilità dei soci e alla procedura di accertamento, vale quanto sopra espresso con riferimento alla responsabilità degli amministratori.

Va tuttavia ulteriormente precisato che la riscossione in assegnazione dei beni e delle somme da parte del socio nelle varie fasi (nei due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione e nel tempo della liquidazione) deve avere natura di distribuzione del patrimonio. La norma non opera, ad esempio, con riferimento a somme riscosse a titolo di corrispettivo per prestazioni effettuate dal socio a favore della società, come pure a somme riscosse a titolo di rimborso di finanziamenti effettuati a favore della società, ferma rimanendo per le SRL la postergazione nel rimborso dei finanziamenti di cui all’articolo 2467 del c.c..

ART. 2495 C.C. – Responsabilità dei soci

L’articolo 2495 c.c. definisce al responsabilità dei soci e dei liquidatori non soddisfatti una volta intervenuta la cancellazione della società.

La norma, di cui al co. 2 dell’articolo in esame, opera evidentemente in un contesto più ampio di quella esaminata (art. 36 del DPR 600/73), interessando tutti i creditori sociali che una volta estinta la società per effetto della iscrizione della cancellazione, non potranno più agire nei confronti della società stessa ma, a determinate condizioni ed entro determinati limiti, nei confronti dei soci e liquidatori.

Oltre all’aspetto soggettivo, anche l’ambito oggettivo di applicazione costituisce ulteriore e rilevante elemento di distinguo della norma civilistica rispetto alle norme che disciplinano la responsabilità specifica in materia di imposte dirette.

La disposizione dell’articolo 2495 del c.c. opera con riferimento non solo ai debiti noti alla data di cancellazione ma anche ai debiti sopravvenuti, pertanto, la responsabilità civilistica potrà essere evocata dall’amministrazione oltre che con riferimento ai debiti per imposte dirette, già iscritti in ruoli quanto meno provvisori, ai debiti di imposta accertati successivamente alla data di cancellazione.

La distinzione dell’ambito oggettivo è da apprezzare anche in relazione alle imposte, giacché la responsabilità civilistica non è limitata alle imposte dirette ma ad ogni imposta, di cui soggetto obbligato sia risultata la società.

L’amministrazione potrà quindi evocare l’articolo 2495 del c.c. per la riscossione dell’IVA, piuttosto che dell’imposta di registro, per fornire alcuni esempi.

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Responsabilità civile e procedura amministrativa

L’articolo 2495 del c.c., a differenza dell’articolo 36 del DPR 602/73, non disciplina la procedura che l’amministrazione dovrà adottare per esercitare l’azione di responsabilità dei soci e dei liquidatori.

Non è in particolare previsto che la responsabilità è accertata dall’ufficio delle imposte con atto da notificare ai sensi dell’articolo 60 del DPR 600/73.

L’amministrazione ai fini dell’accertamento nei confronti dei terzi alla società potrà in ogni caso esercitare la potestà impositiva senza ricorrere all’azione giudiziale ordinaria.

Tanto premesso e sempre a parere di chi scrive l’ufficio finanziario potrà come di seguito operare:

  • Imposte dirette già accertate, riscuotibili e pertanto iscritte a ruolo quanto meno promissori alla data di cancellazione della società: l’ufficio accerta i presupposti dell’articolo 36 del DPR 602/73 e potrà notificare un atto impositivo motivato in relazione agli stessi al liquidatore o se del caso agli amministratori o ai soci;
  • In tutti gli altri casi (quali accertamento delle imposte dirette non ancora iscritte in ruoli provvisori, Imposte indirette già accertate o meno): l’ufficio accerta i presupposti dell’articolo 2495 del c.c. e, nell’esercizio della propria potestà impositiva, notifica un atto impositivo motivato in relazione agli stessi al liquidatore o se del caso ai soci.

La questione dell’accertamento a società estinta

In giurisprudenza è stata rimessa alle sezioni Unite (si vedano le sentenze della cass ord. 9 apirle 2009 n. 8665 e 15 settembre 2009 n. 19804) la soluzione della controversa questione della notifica dell’accertamento a società estinta.

A seguito della riforma, l’articolo 2495 del c.c., rende di fatto illegittima la notifica di un atto di accertamento e di qualsiasi atto impositivo a società cancellate dal registro delle imprese.

La regola ovviamente vale tanto per le società di capitali che per le società di persone.

In sostanza se per i tributi accertati la giurisprudenza ha fornito una soluzione concreta e come sopra argomentata, la questione che rimane aperta è, come può l’amministrazione notificare un atto di accertamento ad una società cancellata? E ancora, come può esperire le operazioni di verifica (controllo delle scritture contabili per esempio) propedeutiche all’emissione di un atto di accertamento?

Va segnalato che la giurisprudenza si espressa con riferimento ad una fattispecie situazionale che può essere di ispirazione per l’analisi in rassegna; il caso era quello dell’estinzione della società in pendenza di giudizio; la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile e/o improcedibile il ricorso a misura del coinvolgimento della società estinta per carenza assoluta della giusta parte dello stesso ente che è estinto.

In sostanza il processo non può continuare con la società che è estinta, in quanto non più esistente, anche se tale cessazione è intervenuta in pendenza di un rapporto giuridico (in tal caso tributario) ancora non definito.

Tanto precisato, che in sostanza risulta conclusione in linea con le precedenti pronunce giuridiche, la Suprema Corte di cassazione ha ulteriormente (ed anche innovativamente) precisato che, il processo potrà continuare in capo al liquidatore o ai soci sulla base dei presupposti dell’articolo 2495 del c.c., che perfezionano una successione nel processo ex art. 110 del c.p.c. laddove siano contestati, oltre l’oggetto della controversia, anche gli stessi presupposti dell’articolo 2495 c.c..

Pertanto, secondo i giudici ermellini, è stabilito che nel processo tributario l’estinzione della società consente la prosecuzione del processo e la presentazione del ricorso contro o da parte dei soci o dei liquidatori nei limiti in cui i primi abbiano riscosso la quota in base al bilancio finale di liquidazione e i secondi abbiano formalizzato la cessazione della società pur in pendenza di giudizio.

Ne emerge il rilevante principio secondo il quale: le norme di cui all’articolo 36 del DPR 600/73 e di cui all’articolo 2495 del c.c. non indicano solo il limite della responsabilità dei liquidatori, amministratori e/o soci, ma anche la condizione per la successione di questi nel processo contro la società.

Sulla base di tale principio si può tentare di dipanare una soluzione con riferimento all’accertamento nei confronti della società estinta.

L’accertamento dovrà essere notificato ai soci, nel caso in cui l’ufficio accerti il riparto delle quote in ragione del bilancio finale di liquidazione e nei limiti di tali attribuzioni patrimoniali, ovvero ai liquidatori e/o amministratori nel caso in cui l’ufficio accerti la colpa di questi (ai sensi dell’articolo 36 del DPR 602/73 e dell’articolo 2495 c.c.)

Mentre in relazione alla prima ipotesi (responsabilità dei soci), l’accertamento del presupposto della responsabilità appare sufficientemente semplice, risultando il bilancio finale di liquidazione oggetto di pubblicazione, più complessa risulta essere la seconda ipotesi, relativa alla responsabilità dei liquidatori e/o degli amministratori.

L’ufficio infatti dovrà accertare la colpa di questi che è la causa del mancato pagamento delle imposte.

Di seguito si propongono due ipotesi di accertamento notificato dopo l’avvenuta cancellazione della società dal Registro Imprese.

  • Accertamento periodo precedente alla messa in liquidazione notificato successivamente alla cancellazione della società:
    • L’atto impositivo potrà essere notificato ai soci alla condizione e nei limiti del riparto di liquidazione;
    • L’atto impositivo potrà essere notificato ai liquidatori sul presupposto di cui al comma 2 dell’articolo 2495 c.c..
  • Accertamento periodo di liquidazione notificato successivamente alla cancellazione della società:
    • L’atto impositivo potrà essere notificato ai soci alla condizione e nei limiti del riparto di liquidazione;
    • L’atto impositivo potrà essere notificato al liquidatore alla condizione che l’evasione sia imputabile al suo operato (raramente potrà avvenire il contrario) e in tal caso la sua responsabilità opera senza limiti sul presupposto che i creditori (l’amministrazione in tal caso) abbiano subito un danno dal suo comportamento tributario non corretto.

Si ritiene che qualora sussistano i presupposti per entrambe le azioni, l’amministrazione possa agire contro i soci in via alternativa oppure cumulativa con l’azione verso i liquidatori.

Il quadro di cui sopra è sufficiente a chiarire la procedura di accertamento post cancellazione e le responsabilità soggettive autonome dei vari soggetti.

L’attività di controllo e verifica

Da chiarire ancora invece la procedura circa l’azione di controllo e verifica propedeutica alla predisposizione e notifica di un atto di accertamento.

Si deve rilevare che, ai sensi dell’articolo 2496 del c.c., compiuta la liquidazione, la distribuzione dell’attivo o il deposito indicato nell’articolo 2494 c.c., i libri della società devono essere depositati e conservati per dieci anni presso l’ufficio del registro delle imprese. Chiunque può esaminarli, anticipando le spese.

Il richiamo all’articolo 2494 del c.c. e la non precisa definizione di libri sociali, induce a ritenere, secondo parte della dottrina, che l’articolo 2496 del c.c. non faccia riferimento ai libri contabili.

Tanto precisato si significa che, ai sensi dell’articolo 2312 c. 3 e c. 4 le scritture contabili non assoggettate al deposito ai sensi dell’articolo 2496 del c.c. debbono essere tenute dai liquidatore della società o dal diverso soggetto che sia stato all’uopo indicato dall’assemblea o dallo statuto sociale ed abbia accettato il relativo incarico.

Quindi, l’ufficio per l’attività di accertamento e controllo, potrà chiedere, ai soggetti indicati ai sensi dell’articolo 2312 c. 3 e 4, l’esibizione delle scritture contabili, non in quanto rappresentanti della società ma in quanto tenuti per obbligo ex lege, proprio ai sensi dello stesso art. 2312 c.c., alla conservazione ed esibizione delle stesse.

Il quadro operativo appare quindi ora più chiaro e può essere come di seguito sintetizzato:

Verifica e controllo post cancellazione – road map

1 – l’ufficio per le verifiche potrà rivolgersi al soggetto depositario delle scritture contabili da individuarsi ai sensi dell’articolo 2312 co. 3 e 4 del c.c.;
2 – l’ufficio, a parere dello scrivente non potrà chiamare l’ex liquidatore della società estinta per fornire dati e notizie, ai sensi dell’articolo 32 del DPR 600/73, in quanto non più rappresentante della stessa (aspetto critico e ancora da chiarire);
3 – l’ufficio sulla base delle scritture contabili e della documentazione contabile in genere potrà formulare un atto di accertamento ai fini delle imposte dirette ed indirette;
4 – l’atto di accertamento potrà essere notificato ai soci o al liquidatore se e solo se sussistono i presupposti di cui agli articoli 2495 e 2312 del c.c.;
5 – l’atto di accertamento dovrà essere motivato anche in relazione alla sussistenza dei presupposti di cui agli articoli 2495 e 2312 del c.c..
Nota della DRE Lombardia del 17 ottobre 2012.

Nella direzione del consolidato orientamento giuridico, la DRE della Lombardia con la nota del 17 ottobre 2012, precisa che la responsabilità dei soggetti terzi alla società estinta (liquidatori, amministratori e soci), deve essere accertata con atto autonomo rispetto all’avviso di accertamento emesso per la società di capitali.

Il documento precisa ulteriormente, che nell’atto devono emergere i presupposti di fatto e di diritto sulla base dei quali è radicata la responsabilità diretta dei detti terzi soggetti.

La nota indica la road map operativa precisando che l’ufficio dovrà valutare:
  • L’esistenza di un debito definitivamente accertato;
  • L’esistenza di una effettiva procedura di liquidazione;
  • L’esistenza di una diversa (e non corretta) utilizzazione delle attività finanziarie realizzate dalla liquidazione per il pagamento di debiti diversi da quelli erariali;
  • L’esistenza di atti di occultamento delle attività sociali nel biennio antecedente;
  • L’esistenza di atti di assegnazione ai soci;
  • L’esistenza di beni patrimoniali in capo al liquidatore o ai soci, in grado di soddisfare il credito erariale.

La nota si esprime anche sul termine di un anno dalla cessazione della società per la validità della notifica presso l’ultima sede della società, di cui all’ultimo periodo del secondo comma dell’articolo 2495 del c.c..

Va detto che dalla lettura del codice civile e sulla base delle pronunce della Cassazione, le pretese dei creditori, tutti ivi inclusi il Fisco, possono essere notificate presso l’ultima sede della società se espresse entro un anno dall’estinzione della società stessa.

In merito la nota della DRE considera efficaci le pretese fatte valere dopo tale termine di un anno mediante notifica presso l’ultima sede sociale della società, perfezionando, la violazione del dispositivo dell’ultimo comma dell’articolo 2495, c.c., semmai un abuso di potere.

La conclusione, per altro confermata dalla Giurisprudenza, è che la notifica alla società estinta è inesistente perché notificata a soggetto inesistente, di fatto morto.

Per concludere appare necessario precisare che, non è da escludere che la portata della norma, che di fatto consente il perfezionamento di una notifica senza portare la domanda di credito a conoscenza dei relativi, effettivi, destinatari, possa essere fatta oggetto di una specifica censura di legittimità costituzionale per violazione del diritto di difesa del convenuto.

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5 marzo 2013

Mario Agostinelli

Sara Serafini

NOTE

1 Sezioni Unite della Corte di Cassazione 22.2.2010 nn 4060, 4061, 4062: L’iscrizione della cancellazione delle società di capitali nel registro delle imprese comporta l’effetto costitutivo dell’estinzione di tale tipo di società, indipendentemente dall’esistenza di crediti insoddisfatti o di rapporti ancora non definiti, mentre per le società di persone a detta cancellazione va attribuito ( a garanzia della parità di trattamento dei creditori sociali) effetto dichiarativo della fine della relativa soggettività e legittimazione. Va tuttavia segnalata la diversa posizione delle stesse Sezioni unite della Corte di Cassazione con riferimento alla norma di cui all’art. 10 della L.F. che ammette la cancellazione della cancellazione della società dal registro imprese (se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla cancellazione o entro l’anno successivo).

2 E’ il raro caso di delibera di scioglimento senza nomina e, si ritiene, accettazione dei liquidatori.

3 L’articolo 36 del DPR 602/73 opera con esclusivo riferimento alle imposte dirette. Per le società di persone quindi, ed in sostanza, non trova applicazione. L’unica situazione ipotizzabile sarebbe quella dell’IRAP. In tal caso si dovrà fare riferimento all’applicazione dell’articolo 2312 c.c. che di fatto stabilisce una responsabilità illimitata dei soci.