IMU: le linee guida per i Comuni

Le linee guide ministeriali per la redazione dei regolamenti comunali in materia di IMU: l’applicazione del beneficio prima casa, i casi di esenzione, i versamenti.

Sono state pubblicate sul sito internet del Dipartimento delle Finanze, www.finanze.it, le linee guida ed il modello per la redazione dei regolamenti e delle delibere IMU da parte dei Comuni.

Il regolamento comunale potrà ad esempio precisare, nel rispetto della legislazione primaria, le nozioni di abitazione principale e relative pertinenze, di fabbricato, area edificabile e terreno agricolo.

Secondo le linee guida nel regolamento comunale, adottato nell’ambito della potestà regolamentare generale riconosciuta all’Ente ai sensi dell’articolo 52 del Decreto Legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e confermata dall’articolo 14, comma 6, del Decreto Legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (cd. Federalismo municipale), il Comune definisce l’oggetto, le finalità e l’ambito di applicazione del regolamento in materia dell’imposta municipale propria “sperimentale” (IMU) .

In detto regolamento il Comune tiene conto delle problematiche e delle esigenze dei contribuenti presenti all’interno del territorio dell’Ente locale interessato e assicura la gestione dell’imposta conformemente ai criteri di efficienza, economicità, funzionalità e trasparenza posti alla base dell’azione amministrativa.

La struttura delle linee guida è composto dai seguenti due elaborati:

  • le linee guida per la redazione del regolamento, che illustrano in dettaglio i contenuti e le finalità di ciascun articolo del prototipo di regolamento, comprensive del relativo allegato, in cui sono contenuti i principali rilievi formulati dal Dipartimento delle Finanze nell’ambito dell’attività di esame dei regolamenti e delle delibere di approvazione delle aliquote, al fine di evidenziare le disposizioni regolamentari non coerenti con la disciplina dell’IMU;

  • il prototipo di regolamento, che si configura come un format di ausilio per i Comuni nella predisposizione dell’atto.

Vediamo di analizzare nel dettaglio alcuni aspetti che secondo il Ministero devono essere “chiariti” in ogni regolamento che il Comune deve adottare in materia di IMU.

 

La definizione di abitazione principale

Detrazione interessi su mutui acquisto immobileIl regolamento comunale in merito alle definizioni di abitazione principale, fabbricati ed aree fabbricabili, deve chiarire le nozioni di “abitazione principale”, “pertinenze dell’abitazione principale”, “fabbricato”, “aree fabbricabili” e “terreno agricolo”.

Con riferimento all’abitazione principale e alle pertinenze della stessa, occorre richiamare la definizione fornita espressamente dall’articolo 13 del Decreto Legge n. 201 del 2011, ai sensi del quale:

“per abitazione principale si intende l’immobile iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”.

E’ opportuno precisare, afferma il Ministero con le linee guida in commento, che nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni di cui al regolamento in materia di IMU, previste per l’abitazione principale e per le relative pertinenze, in relazione al nucleo familiare si applicano ad un solo immobile, così come chiarito dal richiamato articolo 13.

Con riguardo alle pertinenze dell’abitazione principale, il regolamento deve richiamare espressamente la definizione fornita dall’articolo 13 del Decreto Legge n. 201 del 2011, ai sensi del quale:

“Per pertinenze dell’abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo”.

Con riferimento alla nozione di “fabbricato”, il regolamento deve riprendere la definizione di cui all’articolo 2, lettera a), del D. Lgs. n. 504 del 1992, ai sensi del quale per fabbricato

“si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato l’area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza; il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all’imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, dalla data in cui è comunque utilizzato”.

Per ciò che concerne la definizione di area fabbricabile, il regolamento comunale deve riprendere la nozione data dal combinato disposto di cui all’articolo 2, lettera b), del D.Lgs. n. 504 del 1992 e all’articolo 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla Legge 4 agosto 2006, n. 248.

 

L’articolo 2, lettera b), del D.Lgs. n. 504 del 1992 stabilisce che per area fabbricabile

“si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità”.

 

Tale definizione è, poi, completata dal disposto di cui all’articolo 36, comma 2, del D.L. n. 223 del 2006, ai sensi del quale: “un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”.

L’articolo 13, comma 2, del Decreto Legge n. 201 del 2011, richiama espressamente l’agevolazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), secondo periodo, del D. Lgs. n. 504 del 1992, chiarendo che i soggetti beneficiari della stessa debbano essere individuati nei coltivatori diretti e negli imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del Decreto Legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola.

Appare opportuno che il regolamento comunale specifichi che non sono da considerarsi fabbricabili i terreni posseduti e condotti da tali soggetti, sui quali, invece, “persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali”, così come sancito dall’articolo 2 del Decreto Legislativo n. 504 del 1992.

Il regolamento deve, altresì, prevedere che l’agevolazione si applichi anche nelle ipotesi in cui le persone fisiche, coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola, abbiano costituito una società di persone alla quale hanno concesso in affitto o in comodato il terreno di cui mantengono il possesso ma che, in qualità di soci, continuano a coltivare direttamente.

 

La detrazione per l’abitazione principale

Con riferimento all’abitazione principale e alle relative pertinenze, l’articolo 13, comma 10, del Decreto Legge n. 201 del 2011 riconosce una detrazione, da rapportare al periodo dell’anno durante il quale si protrae tale destinazione.

Tale detrazione è fruita fino a concorrenza dell’ammontare dell’imposta dovuta.

La normativa nazionale specifica che, nell’ipotesi in cui l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetterà a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Le linee guida evidenziano che il regolamento comunale debba introdurre delle specifiche al fine di evitare errate interpretazione sull’argomento.

Con riferimento alle assimilazione all’abitazione principale la norma modificata con il D.L. 16/2012 prevede che i Comuni possono considerare direttamente adibita ad abitazione principale l’unita’ immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata, nonché l’unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata.

Da ciò consegue che, nel caso in cui il Comune eserciti tali facoltà, dovrà considerarsi direttamente adibita ad abitazione principale l’unità immobiliare posseduta:

1) da anziani o disabili residenti in istituti di ricovero;

2) da cittadini italiani residenti all’estero.

 

Le esenzioni IMU

Il regolamento comunale deve riportare le esenzioni contenute nel federalismo municipale di cui al D.Lgs. n.23/2011 e richiamate dal D.L. 201/2011.

Per espressa disposizione dell’art. 9, comma 8, del D.Lgs. n. 23/2011, richiamata espressamente dai comma 1 e 13 della norma IMU , sono esenti dal pagamento dell’imposta:

a) gli immobili, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali, posseduti dallo Stato e, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai Comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti e dagli enti del servizio sanitario nazionale;

b) i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9;

c) i fabbricati destinati ad usi culturali di cui all’art. 5-bis del D.P.R. n. 601/1973 (musei, biblioteche, archivi, cineteche);

d) i fabbricati e loro pertinenze destinati esclusivamente all’esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni di cui agli artt. 8 e 19 della Costituzione1 ;

e) i fabbricati di proprietà della Santa Sede, come indicati negli artt. da 13 a 16 della L. n. 810/1929 (Trattato Lateranense);

f) i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali, in base ad accordi resi esecutivi nel territorio dello Stato, era prevista l’esenzione dal pagamento dell’Ilor;

g) i terreni agricoli situati nelle aree montane o di collina delimitate ai sensi dell’art. 15 della L. n. 984/1977. L’elenco dei Comuni è riportato nella citata circ. n. 9/249 del 14 giugno 19932;

h) gli immobili utilizzati dagli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 73, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 917/1986), destinati esclusivamente allo svolgimento:

    • delle attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive;

    • delle attività dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi (per scopi missionari), alla catechesi e all’educazione cristiana (art. 16, primo comma, lettera a), della n. L. 222/1985).

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 39 del citato D.L. n. 223/2006 ha stabilito che l’esenzione prevista dalla lettera h) sopra indicata deve intendersi applicabile alle attività riportate nella medesima lettera che “non abbiano esclusivamente natura commerciale” e che, con circ. n. 2/DF del 26 gennaio 2009 , il Ministero dell’economia e delle finanze ha fornito specifici chiarimenti sull’applicabilità della fattispecie esonerativa di cui alla stessa lettera h).

 

Rispetto alla disciplina dell’Ici, il legislatore dell’Imu ha escluso dal regime di esenzione:

  • gli immobili posseduti dalle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, anche se destinati esclusivamente ai compiti istituzionali;
  • i fabbricati che, dichiarati inagibili o inabitabili, sono stati recuperati al fine di essere destinati alle attività assistenziali di cui alla L. n. 104/1992 (Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone disabili), limitatamente al periodo in cui sono adibiti direttamente allo svolgimento delle attività stesse.

 

La normativa dell’IMU, sia quella “sperimentale”, sia quella “a regime”, non ha confermato l’applicabilità della previsione di cui al comma 2 dell’art. 7 del Decreto Ici, in virtù della quale l’esenzione spetta limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni di favore.

 

Va ricordato che il decreto legge n.16/2012 prevede che la base imponibile è ridotta del 50%:

a) per i fabbricati di interesse storico o artistico (art. 10, D.Lgs. n. 42/2004);

b) per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. L’inagibilità o inabitabilità è accertata all’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio (D.P.R. n. 445/2000). Agli effetti dell’applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione;

    1. non è dovuta la quota di imposta riservata allo Stato per gli immobili posseduti dai comuni nel loro territorio.

 

Il Comune può deliberare nei confronti delle ONLUS la riduzione o l’esenzione dal pagamento dell’imposta.

In tale ipotesi, tuttavia, occorre evidenziare che l’eventuale riduzione o esenzione non potrà operare con riferimento alla quota riservata allo Stato, in quanto, ai sensi dell’articolo 21 del Decreto Legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, le agevolazioni sono riferite ai soli “tributi di pertinenza degli Enti Locali”.

Si ricorda, infatti, che l’IMU, introdotta dal decreto Monti in sostituzione dell’ICI, incorpora una quota “riservata allo Stato”. Il legislatore prevede espressamente che tale quota sia “versata allo Stato contestualmente all’imposta municipale propria”.

Spetta al contribuente, in sede di calcolo dell’imposta dovuta, individuare la quota spettante al Comune e quella spettante allo Stato. Ciò potrebbe essere collegato all’esigenza dello Stato di disporre “in anticipo” dell’entrata, senza attendere il riversamento da parte del Comune. Tale conclusione creerà sicuramente un appesantimento procedurale ai singoli contribuenti alle prese con la quantificazione del tributo da versare.

L’IFEL (Istituto per la Finanza e l’Economia Locale) ha redatto una nota dal titolo “Sintesi della disciplina IMU e del calcolo delle variazioni delle risorse 2011- 2012” pubblicata sul proprio sito internet, con la quale ha fornito ai Comuni delle indicazioni sulle regole della nuova imposta locale.

Il maggior gettito IMU incassato dagli enti locali, rispetto all’Ici, verrà compensato da una riduzione di pari importo del fondo sperimentale di riequilibrio.

Il Comune può, altresì, deliberare la riduzione ovvero l’esenzione dal pagamento dell’imposta, in favore delle istituzioni riordinate in aziende pubbliche di servizi alla persona o in persone giuridiche di diritto privato. Anche per ciò che concerne tale ipotesi, l’eventuale esenzione non potrà operare con riferimento alla quota riservata allo Stato, in quanto, ai sensi dell’articolo 4, comma 5, del Decreto Legislativo 4 maggio 2001, n. 207, le agevolazioni sono riferite ai soli “tributi di pertinenza degli Enti Locali”.

Con l’approvazione del decreto liberalizzazioni veicolato nel decreto legge n.1/2012, convertito con modifiche in legge 24 marzo 2012, n.27, recante il titolo “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” diventa legge l’emendamento governativo che ridisegna le regole per riconoscere l’esenzione Ici degli enti non commerciali, modificando l’articolo 7 della disciplina Ici, applicabile anche nell’Imu, ma non nel 2012.

La norma prima della modifica introdotta dal legislatore prevedeva

“Sono esenti dall’imposta … gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’articolo 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222”.

Oltre l’esenzione dall’imposta comunale, gli enti religiosi godevano e, continuano tuttora ad usufruire, di un regime fiscale di favore anche per le imposte sui redditi. L’art. 149 del D.P.R. 917/1986 (Testo unico delle imposte sui redditi) dispone, tout court, che gli enti ecclesiastici con personalità giuridica non perdono la qualifica di ente non commerciale neppure se esercitano prevalentemente attività commerciale, garantendo, in tal modo, un regime fiscale di favore.

Gli enti non commerciali usufruiscono anche di una riduzione del 50% dell’IRES (imposta sul reddito delle persone giuridiche). In tal senso dispone l’art. 6, D.P.R. 601/1973 che riserva un trattamento fiscale preferenziale agli enti che hanno scopi di assistenza sociale, ricerca senza fine di lucro e fini di beneficenza o di istruzione, fondazioni, associazioni aventi scopi esclusivamente culturali e istituti per le case popolari.

In questo scenario è intervenuta la nuova norma che ha modificato l’esenzione dall’imposta municipale (ora IMU) per gli enti non commerciali.

L’articolo 91-bis del decreto liberalizzazioni modifica l’esenzione prevista dalla lettera i) dell’articolo 7 del Dlgs 504/1992 prevedendo che le attività che vi sono indicate devono ora essere svolte «con modalità non commerciale».

Nel caso di fabbricato a uso promiscuo, il soggetto passivo, se la frazione del fabbricato ha una propria autonomia reddituale da punto di vista catastale, dovrà provvedere all’accatastamento secondo le modalità stabilite dal D.L. 262/2006, e le rendite catastali dichiarate o attribuite producono effetto fiscale a partire dal 1° gennaio 2013.

In sintesi i criteri fissati dalle novità introdotte dal legislatore prevedono:

  1. l’esenzione per gli immobili nei quali si svolge in modo esclusivo un’attività non commerciale;

  2. l’abrogazione immediata delle norme che prevedono l’esenzione per immobili dove l’attività non commerciale non sia esclusiva, ma solo prevalente;

  3. l’esenzione limitata alla sola frazione di unità nella quale si svolga l’attività di natura non commerciale (utilizzazione mista);

  4. l’introduzione di un meccanismo di dichiarazione vincolata a direttive rigorose stabilite con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze circa l’individuazione del rapporto proporzionale tra attività commerciali e non commerciali esercitate all’interno di uno stesso immobile.

 

 

Restrizioni sulle esenzioni per gli enti non commerciali

La nuova disciplina (Decreto liberalizzazioni, art. 91 bis) sull’esenzione dell’imposta municipale sugli immobili (oggi IMU) prevede un ambito più ristretto di riconoscimento dell’esenzione per gli immobili degli enti non commerciali. L’applicabilità delle nuove modalità di esenzione decorre dal 1º gennaio 2013, in tal senso depone il testo letterale della norma, per il caso di utilizzo misto dell’immobile, ed anche l’art. 3 legge 212/2000 (cd. Statuto del contribuente) secondo cui, per i tributi periodici, le modifiche si applicano solo dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni.

Come anticipato il legislatore ha modificato l’art. 7 comma 1 lett. i) , D.Lgs. n. 504/1992 relativo all’esenzione ICI per gli immobili degli enti non commerciali e applicabile anche ai fini dell’esenzione IMU. In via generale anche la nuova norma riconosce il diritto all’esenzione se ricorrono contemporaneamente i seguenti due requisiti:

1) uno di carattere soggettivo, rappresentato dal fatto che l’immobile deve essere utilizzato da enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti in Italia e non aventi come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (di cui all’art. 87 c. 1 lett. c) (ora art. 73, comma 1, lett. c,

D.P.R. n. 917/1986);

2) l’altro di carattere oggettivo, in base al quale gli immobili utilizzati devono essere destinati, in tutto o in parte, esclusivamente allo svolgimento ‘‘con modalità non commerciali’’ di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’art. 16 lett. a) legge 222/1985.

Vale a dire le attività di religione o di culto, dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana.

Con riferimento al requisito soggettivo dell’utilizzo da parte degli enti non commerciali nulla appare mutato. Il diritto all’esenzione spetta esclusivamente agli immobili utilizzati, in tutto o in parte, da enti non commerciali. Il legislatore non ha colto l’occasione per confermare l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il termine ‘‘utilizzati’’ va riferito solo ai soggetti che possiedono l’immobile a titolo di proprietà o altro diritto reale di godimento.

 

I versamenti : cosa deve indicare il regolamento

Il regolamento comunale deve prevedere che l’imposta municipale propria sia dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota e ai mesi dell’anno nei quali si sia protratto il possesso; a tal fine, il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero. Il regolamento deve chiarire che il versamento dell’imposta dovuta al Comune per l’anno in corso deve essere effettuato in due rate di pari importo:

  • la prima, con scadenza alla data del 16 giugno;

  • la seconda, con scadenza il 16 dicembre;

  • in alternativa, il versamento potrà avvenire in un’unica soluzione annuale da corrispondere entro il 16 giugno.

Il Comune deve, altresì, richiamare l’attenzione sulle modalità di versamento che deve essere effettuato mediante utilizzo di uno dei Modelli F24 per l’esecuzione dei versamenti unitari di cui alle disposizioni dell’articolo 17 del D.Lgs. 241/1997 .

A decorrere dal 1° dicembre 2012 sarà possibile eseguire il versamento con apposito bollettino postale.

Il Comune può, altresì, stabilire che si considerano regolarmente eseguiti i versamenti effettuati da un contitolare anche per conto degli altri.

E’ necessario che il regolamento specifichi gli importi al di sotto dei quali i versamenti non devono essere effettuati.

Al fine di assicurare la chiarezza e la completezza delle disposizioni regolamentari, tale specificazione deve essere inserita anche qualora il Comune intenda confermare l’importo, pari a euro 12, di cui all’articolo 25 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289.

In ogni caso, l’importo minimo deve intendersi riferito all’imposta complessivamente dovuta e non agli importi relativi alle singole rate, né alle quote dell’imposta riservate al Comune e allo Stato, né tantomeno ai singoli immobili. Pertanto, il raffronto tra imposta dovuta e importo minimo deve essere effettuato dal contribuente prima della distinzione tra quota destinata al Comune e quota riservata allo Stato.

 

17 agosto 2012

Federico Gavioli

 

NOTE

1 Cfr. art. 2 della L. n. 206/2003; ris. n. 1/DPF del 3 marzo 2004.

2 Cfr. ris. n. 5/DPF del 17 settembre 2003; Cass., sez. trib., sent. n. 22125 del 29 ottobre 2010.