I costi di impianto e ampliamento e bilanci in tempo di crisi

In questo periodo di crisi economica e di difficoltà a gestire le perdite fiscali è necessario valutare con molta attenzione alcune poste sensibili del bilancio d’esercizio: in questo articolo analizziamo le problematiche relative ai “costi d’impianto e ampliamento” e alla possibilità e criticità di una loro svalutazione.

Tema caldissimo nella redazione del bilancio? Il risultato d’esercizio civile ma soprattutto fiscale.

Le novità fiscali hanno introdotto un importante stretta sulle perdite fiscali con l’automatica applicazione delle norme antielusive che disciplinano le società di comodo.

costi di impiantoÈ in questo contesto che occorre prestare particolare attenzione con riferimento ad alcuni costi, che di regola d’esercizio, quando sostenuti in momenti specifici e caratteristici della vita della società assumono l’”UTILITA’ PLURIENNALE”, che comporta la loro imputazione ripartita negli esercizi in cui concorrono alla formazione dei correlati ricavi.

Non vi è dubbio che le società all’uscita dalla crisi sostengano considerevoli costi che tipicamente d’esercizio, sono, a causa dello specifico momento di rilancio e riavvio, di utilità pluriennale.

I costi di addestramento e di formazione del personale, i costi di ricerca e sviluppo di nuovi progetti e processi produttivi, i costi di lancio pubblicitario di nuovi prodotti, tipicamente sostenuti nelle fase specifiche di riavvio e rilancio imprenditoriale, sono tutti costi aventi utilità pluriennale che vanno iscritti nella voce delle immobilizzazioni per essere ammortizzati negli esercizi di vita utile.

Diventa necessario quindi esaminare attentamente i criteri di valutazione e di deducibilità fiscale dei costi aventi utilità pluriennale per individuare correttamente quei costi che, usualmente d’esercizio, per le imprese in fase di riconversione, ristrutturazione e riavvio, diventano costi pluriennali.

I costi di impianto e ampliamento

Ai sensi del numero 5 del comma 1 dell’articolo 2426 i “costi di impianto e di ampliamento” “aventi utilità pluriennale” POSSONO essere iscritti nell’attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale e devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni.

Fino a che l’ammortamento non è completato, possono essere distribuiti utili solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi non ammortizzati.

I costi di impianto e ampliamento pur non essendo funzionali all’acquisizione di beni immateriali singolarmente valutabili “sono nondimeno idonei a produrre effetti positivi anche negli esercizi successivi a quello in cui la società li ha sostenuti”.

Per quanto sopra l’articolo 2426 c. 1 n. 5 prevede le seguenti specifiche disposizioni accessorie tipiche dei costi pluriennali:

  • I costi devono effettivamente essere stati sostenuti;

  • I costi in argomento possono essere iscritti nell’attivo se e solo se hanno utilità pluriennale. Per utilità pluriennale si intende che il ricavo correlato al sostenimento di tali costi non si produce solo nell’esercizio di sostenimento ma anche negli esercizi successivi.

  • I costi devono essere ammortizzati entro un periodo massimo di anni 5;

  • Fino a che l’ammortamento non è completato possono essere distribuiti utili solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi non ammortizzati.

Svalutazione civile

Altro aspetto di assoluta rilevanza, che per certi versi è di assoluto interesse proprio per le imprese che avviano una fase di riconversione e ristrutturazione, è la corretta valutazione del valore di bilancio dei costi di impianto e ampliamento sostenuti in precedenti esercizi.

Il PC 24 afferma che alla chiusura dell’esercizio dovranno essere verificate:

  • L’utilità pluriennale, intesa come detto “capacità di produrre ricavi negli esercizi successivi”;

  • La conferma costante nel tempo di tale utilità pluriennale (Utilizzo futuro).

Se si verifica una riduzione durevole delle condizioni di utilità futura e pluriennale, per cause gravi ed eccezionali, questa deve essere riflessa nel bilancio d’esercizio attraverso una svalutazione.

Potrebbe essere il caso di costi di avviamento, per la formazione del personale specificatamente funzionale alla specializzazioni di alcuni prodotti, sostenuti in esercizi precedenti con riferimento all’avvio di un nuovo punto vendita, costi ripartiti mediante ammortamenti in un periodo di 5 anni, laddove al termine del 4° anno, anche per scelte strategiche dovute all’improvvisa obsolescenza dei beni, alla scarsa redditività derivante dalla commercializzazione di tali prodotti, sia decisa la cessazione della vendita di tali beni.

La sostituzione dei prodotti, evidentemente non programmata, avvenuta al 4° anno di ammortamento dei costi pluriennali di cui sopra è causa di una svalutazione eccezionale di tali costi di ampliamento sostenuti ed ancora in corso di ammortamento.

Opportuno osservare che diverso dal caso esposto, è quello della cessione o chiusura di una azienda o ramo di azienda.

In tal caso i costi di impianto e di ampliamento, afferenti tale azienda o ramo aziendale, per la parte ancora residua da ammortizzare, costituiscono una sopravvenienza passiva.

La cessazione delle attività aziendali infatti è causa dell’interruzione della continuazione dell’esercizio dell’impresa che è ipotesi di eccezionale deroga ai criteri di valutazione e applicazione del co. 4 dell’articolo 2423 c.c..

Facoltà o obbligo della capitalizzazione

Argomento di dibattito è quello che interessa la discrezionalità nella decisione di capitalizzare o meno i costi in argomento per ripartirne poi l’importo in più esercizi in ragione della durata della vita utile.

Secondo il PC 24 la capitalizzazione dei costi di impianto e ampliamento, in quanto caratterizzati da un elevato grado di aleatorietà, non è obbligatoria ma facoltativa.

Non è dello stesso avviso la giurisprudenza, che condivide lo scrivente; la Corte di Cassazione con Sent. 28 agosto 2004 n. 17210 ha precisato che la facoltà espressa dalla norma codicistica quale deroga al principio di competenza è solo apparente. Infatti, laddove un costo è relativo ad operazioni che esprimono utili (ricavi) anche in esercizi successivi a quello del sostenimento, l’iscrizione dell’intero costo in un unico esercizio inquinerebbe la rappresentazione veritiera, corretta ed adeguata della realtà.

Ne deriva che la mancata capitalizzazione rappresenta una violazione del principio di competenza e del principio della chiarezza, prudenza e rappresentazione veritiera e corretta determinando una significativa riduzione dell’utile dell’esercizio in cui tali costi sono sostenuti e un incremento degli utili negli esercizi in cui si riflette la detta utilità pluriennale.

Perdite d’esercizio

Tenuto conto dell’aleatorietà dei costi in argomento il PC 24 precisa che nel caso di perdite d’esercizio deve essere posta particolare attenzione (e si consiglia di argomentare tale asserzione nella nota integrativa) alla dimostrazione della recuperabilità di tali costi (in termini di ammortamenti futuri).

Alcuni esempi di costi di impianto ed ampliamento

Come in premessa anticipato, per le imprese che vivono una fase di ri-avvio, di rilancio, di riconversione, non di rado i costi usualmente d’esercizio, tra cui ed in particolare quelli per il personale dipendente, proprio per la particolarità e la specifica caratteristica delle fasi di cui sopra, si rigenerano in costi pluriennali da ammortizzare negli esercizi di futura utilità.

I costi di impianto e ampliamento sono rappresentati da alcuni costi non ricorrenti che vengono sostenuti dall’impresa in precisi e caratteristici momenti della vita della stessa impresa.

Tra i costi di impianto ed ampliamento rientrano:
  • Costi di impianto: I costi per la costituzione della società e della azienda (atto costitutivo, costi per licenze ed autorizzazioni – si precisa che i costi di costituzione sono afferenti la società se è indicato nell’atto costitutivo che tali costi sono posti a carico della società);

  • Costi di ampliamento: I costi sostenuti in via straordinaria per l’ampliamento delle attività produttive sociali, per l’estensione della società e dell’azienda VERSO attività non precedentemente esercitate. Rientrano tra questi costi quelli sostenuti durante la vita della società per incrementare o diversificare la generale capacità produttiva e di mercato dell’impresa quali ad esempio:

    • I costi per le operazioni straordinarie societarie;

    • I costi per l’avvio di un nuovo ramo aziendale;

    • I costi per un nuovo centro commerciale;

    • I costi per un nuovo processo produttivo.

Tra i costi preparativi o di pre-apertura rientrano quelli a titolo esemplificativo sostenuti per:
  • I costi del personale operativo che avvia le nuove attività;

  • la formazione del personale;

  • i costi di assunzione;

  • di allaccio delle utenze;

  • di riadattamento dell’unità locale;

  • di pre-apertura di un nuovo centro commerciale o di una nuova unità produttiva;

  • i costi della fase organizzativa e di avvio, di riconversione e di ristrutturazione industriale o commerciale.

Per individuare i costi di impianto, ed in particolare di ampliamento, appare evidente l’importanza di individuare il periodo della vita della società da inquadrare quale fase di avvio o di organizzazione con riferimento ad un nuova attività o ad un nuovo progetto.

La fase di avvio o di organizzazione è il periodo in cui è perfezionata almeno una delle due seguenti condizioni:

    • Le attività aziendali non sono ancora iniziate;

    • Le attività aziendali sono iniziate ma non hanno determinato e realizzato significati ricavi.

La fase di avvio o di organizzazione costituisce un periodo di non normale svolgimento delle attività aziendali, e si estende fino al periodo in cui l’impresa non raggiunge i livelli normali di produttività. Tale periodo e fase assumono, tra l’altro, anche rilevanza ai fini della non applicazione degli studi di settore.

I costi di addestramento e qualificazione del personale

I costi di addestramento e qualificazione del personale sono suscettibili di essere capitalizzati, se sostenuti in correlazione all’avvio di una nuova attività aziendale oppure se sostenuti nell’ambito di un progetto di riconversione, ristrutturazione industriale o commerciale che comporti un radicale e significativo cambiamento della struttura produttiva, commerciale o amministrativa dell’impresa, operazioni queste tipiche delle imprese in crisi.

I costi in argomento che “devono” essere capitalizzati in quanto aventi utilità pluriennale sono quelli sostenuti nell’ambito del contesto organizzativo di cui sopra per il personale da formare, i costi dei docenti, per il materiale didattico etc.

Ammortamento

L’ammortamento deve decorrere dalla data in cui il costo produce attività disponibili per l’uso o meglio produce benefici economici per l’impresa.

Pertanto, nel caso dei costi per la realizzazione di una azienda, l’ammortamento dovrà decorrere a partire dalla data in cui l’azienda è disponibile per l’uso ed quindi è pronta per iniziare le attività imprenditoriali. Emerge quindi che, con riferimento ai costi di start-up sopra descritti, la decorrenza dell’ammortamento sia correlata all’inizio delle attività produttive e/o commerciali, stabilendo quindi un importante collegamento con la produzione dei primi ricavi.

L’ammortamento che come indicato dalla norma deve essere contenuto nel termine massimo di 5 anni, deve avvenire nel più breve termine possibile e a rate costanti.

Costi di impianto e ampliamento – il trattamento tributario

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 108 del TUIR i costi relativi a più esercizi sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio.

Ne deriva che i criteri civilistici di ripartizione delle spese in esame costituiscono presupposto per la determinazione della quota di dette spese imputabile al reddito d’esercizio, pertanto la corretta ripartizione in bilancio ha rilevanza anche ai fini fiscali.

Pertanto, se un costo di impianto o ampliamento è iscritto correttamente, alla voce immobilizzazioni immateriali, allora tale inquadramento assume rilevanza anche ai fini fiscali.

Diversamente, se tale costo è stato correttamente inquadrato come costo d’esercizio, allora seguirà lo stesso trattamento ai fini fiscali.

Ma significa anche che se erroneamente si ripartisce un costo non avente utilità pluriennale, in quote da ammortizzare, si produce un’errata imputazione per competenza dello stesso costo ai fini fiscali; in sostanza il costo fiscalmente è deducibile nell’esercizio di sostenimento (per l’intero valore del costo) e non negli esercizi successivi.

Stante l’interpretazione fornita, ne deriva che il costo di impianto ed ampliamento avente chiaramente utilità pluriennale se imputato interamente nell’esercizio di sostenimento in bilancio (ferma rimanendo la criticità di tale comportamento di cui infra) non potrà essere dedotto in quote di ammortamento ai fini fiscali in applicazione delle disposizioni dell’articolo 109 c. 4 lett. a) risultando il trattamento di bilancio il criterio di deducibilità fiscale.

A ben vedere la disposizione del comma 3 dell’articolo 108 del TUIR appare superflua e assorbita da quella, di portata più generale, di cui all’articolo 83.

Si deve rilevare con assoluta attenzione che se i costi in questione hanno tutti i requisiti per essere capitalizzati, costituendo la mancata iscrizione tra le immobilizzazioni e l’imputazione a costi mediante la ripartizione con ammortamenti sistematici una chiara violazione del principio di competenza, la stessa potrà produrre effetti anche ai fini fiscali (art. 108 c. 3“sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio”).

Risulta evidente che l’ammortamento espresso in un periodo inferiore a 5 anni esprime validità anche ai fini fiscali.

Si precisa che le imposte di registro qualora inquadrate tra gli oneri pluriennali ai fini civilistici sono deducibili ai sensi del comma 3 dell’articolo 108 del TUIR e non secondo il criterio di cassa.

Ai fini fiscali, assume però importanza, secondo un’interpretazione dell’amministrazione, la rilevanza dello stesso. In tal senso è stato affermato che, il costo potrà essere capitalizzato e quindi dedotto in quote di ammortamento, se di importo rilevante.

L’Agevolazione per le Imprese di nuova costituzione

Per quanto alle disposizioni di cui al comma 4 dell’articolo 108 del TUIR (rinvio della deducibilità dei costi pluriennali all’esercizio di rilevazione dei primi ricavi) è stato precisato che tali disposizione possono esser derogate.

Il co. 4 dell’articolo 108 del TUIR precisamente prevede che le spese di cui al “presente” articolo (art. 108), comprese le spese di impianto, sono deducibili secondo le disposizioni dei co. 1 (limiti per le spese di ricerca), co. 2 (limiti per le spese di pubblicità) e co. 3 (spese relative a più esercizi) a decorrere dall’esercizio in cui sono realizzati i primi ricavi.

Secondo parte della dottrina la disposizione è posta con la chiara finalità di agevolare quelle società che non avendo ancora avviato le attività e di conseguenza non avendo ancora realizzato ricavi, rileverebbero delle perdite fiscali che ai fini IRES potrebbero comunque essere recuperate negli esercizi successivi (per i soggetti Ires senza limiti di tempo e tuttavia anche per i soggetti IRPEF vista la fattispecie), mentre ai fini IRAP no.

Si segnala inoltre che il D.L.78/2010 ha introdotto il criterio di selezione delle posizioni da sottoporre a controllo nei confronti delle imprese in perdita sistemica.

Non di meno, le disposizioni del Dl 138/2011 art. 2, con riferimento alle società di comodo, che hanno introdotto due nuovi presupposti presuntivi di applicazione delle norme antielusive di operatività quali:

  • Perdite sistemiche per tre periodi di imposta consecutivi;
  • Perdite sistemiche per due periodi di imposta su tre consecutivi con reddito non superiore al reddito minimo da società di comodo (co. 4 dell’articolo 30 del D.Lgs. 74/1998).

Alla luce di tali disposizioni sarà opportuno valutare bene l’opportunità di rinviare la deducibilità dei costi pluriennali di cui all’articolo 108 del TUIR realizzando, tuttavia, un disallineamento con il trattamento civilistico.

Ma più in generale le disposizioni tributarie sopra indicate implicano una più attenta valutazione delle circostanze che di fatto sottintendono una “necessaria” capitalizzazione di costi di esercizio perché correlati alle fasi di avvio o organizzazione di nuovi processi produttivi o commerciali.

Infine va osservato che, poiché i costi di ampliamento e avvio, civilisticamente, sono ammortizzabili a decorrere dal momento in cui gli stessi producono benefici economici per l’impresa, appare corretto, con riferimento ad esempio ai costi sostenuti per la realizzazione di un’azienda o di un punto vendita, far decorrere gli ammortamenti dall’anno in cui l’azienda è avviata in concreto e quindi dall’anno di realizzo dei primi ricavi, attuando, in tal caso, un perfetto allineamento tra deducibilità civile e fiscale.

La rilevanza fiscale della svalutazione

Non sussiste, per tali oneri, l’applicazione della norma di cui al comma 4 dell’articolo 102 che regolamenta i casi di eliminazione dei beni strumentali per i quali è prevista la deducibilità della parte ancora da ammortizzare.

Per tali costi non trova applicazione neanche la disposizione del comma 1 dell’articolo 101 del TUIR che, con riferimento alle minusvalenze, stabilisce la rilevanza delle stesse subordinandola alla realizzazione mediante la cessione dei beni o il risarcimento del danno.

In tal senso è stato affermato che per i costi pluriennali (quali elementi iscritti nell’attivo) dovrebbe trovare applicazione il comma 4 dell’articolo 101 che regolamenta le ipotesi di sopravvenienze passive. In particolare, la sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi costituisce un’ipotesi di sopravvenienza passiva fiscale (iscritta in bilancio tra le svalutazioni).

Serena appare la deducibilità dei costi di impianto e ampliamento non ancora ammortizzati in caso di cessione o di chiusura dell’azienda o del ramo di azienda; in tal caso, peraltro, la parte non ancora ammortizzata costituisce sopravvenienza passiva.

La fattispecie non rientra tra le ipotesi di svalutazione, costituendo evidentemente la cessione o la cessazione dell’azienda una ipotesi eccezionale di deroga all’applicazione dei criteri di valutazione e rappresentazione previsti dalle norme del cod. civ. (art. 2423 co. 4)

 

18 aprile 2012

Mario Agostinelli