Scritti extracontabili reperiti presso terzi

quale valore hanno, nei confronti del contribuente sottoposto a verifica, i dati extracontabili reperiti presso terzi?

Validità probatoria di scritti extracontabili rinvenuti presso terzi

documenti extracontabili rinvenuti presso terzi e accertamento fiscale induttivoI dati extracontabili acquisiti presso i terzi non hanno alcun valore probatorio in giudizio nei confronti del contribuente al quale tali dati in qualche modo fanno riferimento.

Gli scritti extracontabili hanno validità giuridica solo nei confronti di colui che li ha scritti o presso il quale sono rinvenuti.

Queste le conclusioni alle quali si deve pervenire analizzando le elaborazioni giurisprudenziali e l’attuale impianto normativo.

La questione della validità probatoria in giudizio, dei dati acquisti presso i terzi è argomento molto discusso in giurisprudenza.

Non sono rari i casi i cui gli accertamenti si sviluppano a catena sulla base di un unico elemento probatorio acquisito presso un contribuente che a vario titolo risulta riconducibile ad altri contribuenti con i quali lo stesso ha intrattenuto rapporti commerciali.

Per ben affrontare l’argomento è opportune distinguere la fattispecie in cui il PVC presso il terzo rappresenti una prova certa, diretta ed analitica spendibile nei confronti del contribuente, e la fattispecie in cui i dati acquisti presso il terzo siano costituiti da dati extracontabili (non documentali).

Prove certe e dirette acquisite presso terzi.

La giurisprudenza ha elaborato la tesi consolidata secondo la quale l’accertamento può fondarsi sulla prova certa e diretta contenuta in verbali relativi a ispezioni eseguite nei confronti di terzi. (Sent. 21.12.2005 n. 28342).

Da quanto sopra emerge che, il PVC espresso nei confronti di terzi, ai sensi della lettera c) del primo comma dell’articolo 39 del DPR 600/73, può costituire elemento sul quale fondare un atto di accertamento, ma quando tale PVC (o gli elementi contenuti nel PVC) esprime una prova certa e diretta, cioè contiene un elemento documentale attestate una determinata violazione (il caso si riferiva al documento attestante la compravendita non contabilizzata di oro).

In conclusione quindi emerge che il PVC di un terzo per essere base di un accertamento deve essere prova certa, diretta e analitica, e non presuntiva, dell’evasione.

Sulla base di tale elemento di prova piena e diretta l’ufficio potrà emettere, poi, un accertamento anche di tipo analitico induttivo sulla base di presunzioni semplici (gravi, precise e concordanti) ai sensi dell’ultimo periodo della lettera d) del primo comma dell’articolo 39 del DPR 600/73 (Cass. 21.11.2008 n. 27637).

Dati extracontabili acquisiti presso un terzo

Quando il PVC nei confronti di un terzo si fonda sul rinvenimento di dati extracontabili non perfeziona la sussistenza della prova certa, diretta e analitica spendibile nei confronti di colui al quale tali dati possano fare riferimento.

Diverso quindi il discorso quando presso il terzo non siano rinvenuti atti o documenti ma dati extracontabili. Questi infatti non hanno la natura di “documenti” e quindi di prove certe, dirette ed analitiche.

E riflessioni portano a porti le seguenti domande:

  • Che effetto probatorio hanno i dati extracontabili nei confronti del terzo presso il quale tali dati sono stati acquisiti;
  • Che effetto hanno i dati extracontabili acquisti presso il terzo nei confronti del contribuente a cui tali dati in qualche modo fanno riferimento.

In merito alla prima domanda, la cui risposta è propedeutica alla seconda, la giurisprudenza consolidata ha affermato che i dati extracontabili, nei confronti di colui che li ha scritti o presso il quale sono rinvenuti, assumo un effetto probatorio quale presunzione semplice, grave, precisa e concordante della inattendibilità delle scritture contabili, giustificando quindi la legittimità dell’accertamento induttivo ex comma 2 dell’articolo 39 del DPR 600/73 (sentenza 21 agosto 2007 n. 17817).

In sostanza i brogliacci rinvenuti presso il contribuente costituiscono nei suoi confronti prova, ancorché meramente presuntiva, della sussistenza di operazioni non contabilizzate, tali da rendere legittima l’applicazione dell’induttivo.

Risulta quindi che, i dati extracontabili di per sé assumono rilevanza fiscale ai fini della rettifica senza il corredo di altri documenti contabili, ma non costituiscono in modo autonomo prova di maggiori ricavi.

Tali dati potranno essere il fondamento per la ricostruzione dei ricavi del contribuente in applicazione dell’accertamento induttivo (o anche sintetico) che come noto può trovare fondamento sulla base di presunzioni semplicissime.

Applicando l’accertamento induttivo, l’ufficio potrà rideterminare i ricavi sulla base di presunzioni semplicissime e laddove i dati extracontabili risultano esprimere un valore convergente ai ricavi induttivamente come sopra rideterminati, gli stessi (dati extracontabili) potranno costituire elemento probatorio che corrobora le risultanze dell’elaborazione induttiva, elevando le presunzioni semplicissime al livello di presunzioni gravi precise e concordanti in giudizio.

In tal contesto, va sottolineato che, tali dati extracontabili assumono efficacia probatoria, ancorché meramente presuntiva, nei confronti di chi li ha scritti, e non sono mai una prova certa e diretta che potrebbe quindi essere autonomamente utilizzata nei confronti di terzi.

Quanto al secondo interrogativo, la giurisprudenza consolidata ha chiarito che gli scritti provenienti da terzi (quali brogliacci, appunti etc. . .) non hanno efficacia di prova piena ma possono essere debitamente apprezzati nel solo loro valor indiziario e in concorso con altri elementi possono costituire fonte di prova (Cass. 19 gennaio 1990 . 316).

Dalle elaborazioni giurisprudenziali emerge che, gli scritti provenienti da terzi, devono essere utilizzati nell’ambito delle attività di accertamento con cautela ma soprattutto devono essere corroborati da altri ed ulteriori elementi di riscontro che attribuiscano a tali dati i requisiti di certezza, gravità, precisione e concordanza.

In tali casi la validità dell’accertamento è quindi subordinata all’apprezzamento valutativo della veridicità dei dati rinvenuti presso un terzo soggetto diverso dal contribuente.

In giurisprudenza è affermato che, per fare elevare da valore indiziario i dati extracontabili rinvenuti presso terzi a valore di presunzione grave precisa e concordante, necessitano ulteriori elementi di prova che devono essere intercettati e rilevati non nel medesimo contenuto degli scritti rinvenuti presso terzi, ma corroborando tali dati con altri elementi di prova rilevati proprio nell’ambito dell’azione di accertamento espressa nei confronti della parte (schede extracontabili, assegni in pagamento etc. che riscontrino i dati extracontabili acquisti presso il terzo).

In tal senso valga la recente sentenza n. 14014 del 17 giugno 2009 laddove è affermato che, gli scritti rinvenuti presso terzi assumono rilevanza se a seguito del controllo incrociato effettuato sulla contabilità o comunque presso l’accertato emerga un’effettiva evasione.

Pertanto, la concomitanza degli scritti rinvenuti presso un terzo e la sussistenza di rapporti commerciali tra il medesimo e il soggetto accertato non attribuisce a tali scritti il valore di presunzione dotata dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Se quindi dalle verifiche espresse nei confronti del contribuente, emergono solo elementi di riscontro della contabilità ufficiale e regolare, ciò prova la sussistenza di un rapporto commerciale e non l’evasione fiscale posta in essere nell’ambito di tale rapporto commerciale.

Pertanto in assenza di ulteriori elementi, la documentazione rinvenuta presso terzi non può assumere efficacia persuasiva e valore probatorio in giudizio e di conseguenza risulterebbe che l’accertamento si basa su scritti che non rappresentano neanche una presunzione semplice. La conclusione di cui al precedente periodo, coincide inoltre con l’interpretazione consolidata in giurisprudenza (sentenza cass. 19 gennaio 1990 n. 316).

In conclusione per quanto sopra espresso, spetta all’ufficio che adduce la verità dei dati estratti presso di un terzo dimostrare, e provare, che le operazioni commerciali in evasione ad essi riferite sono nella realtà accadute.

Nel caso in cui l’ufficio, nell’ambito delle verifiche effettuate presso il contribuente, rilevi i richiamati riscontri, allora quei dati extracontabili, ancorché acquisiti presso terzi, assumono validità probatoria, utilmente valutabile in sede di accertamento.

Si tratta ora di comprendere l’utilizzabilità di tali dati e l’effetto probatorio agli stessi assegnabile.

Giova segnalare che il valore probatorio degli scritti rinvenuti presso i terzi varia in ragione degli elementi probatori acquisiti presso il contribuente.

Se presso quest’ultimo sono rinvenuti atti documentali (assegni, ricevute di pagamento, DDT o Fatture non registrate), che riscontrino i dati extracontabili acquisiti presso il terzo, evidentemente, quegli atti documentali, potranno essere valutati autonomamente costituendo elementi di prova certa e diretta.

Se invece sono rinvenuti ulteriori dati extracontabili (schede extracontabili, brogliacci etc.) allora questi ultimi saranno apprezzati quali presunzioni gravi, precise e concordati della sussistenza di una contabilità inattendibile.

Per quanto sopra, se e quando gli scritti rinvenuti presso i terzi trovino elementi di riscontro nell’ambito della verifica effettuata presso il contribuente, comprovante l’avvenuta evasione, occorrerà procedere caso per caso per valutare l’effetto probatorio di tutti gli elementi raccolti.

Si ritiene comunque che i dati acquisiti presso i terzi, in assenza di ulteriori elementi di prova certa e diretta (e non anche presuntiva), non possano essere presi a base per fondare in via analitica induttiva la ricostruzione di maggiori ricavi, violando in questo caso il precetto secondo cui non è ammessa la presunzione di secondo grado.

Leggi anche: Dati extracontabili acquisiti presso terzi: accertamento non valido

27 novembre 2010

Mario Agostinelli